Gli uomini…che masochisti!

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Milano – Ben ho fatto quando all’inizio della professione ho scelto volontariamente di non occuparmi degli orrori del diritto di famiglia.

Gli operatori di giustizia e le parti direttamente interessate stanno facendo in Italia al diritto di famiglia e ai diritti dei veramente bisognosi quello che i sindacati hanno fatto in questi anni al diritto del lavoro: hanno trasformato diritti in abusi e prevaricazione e distrutto la ratio del diritto medesimo.

I risultati non sono limitati solamente alla categoria dei “separati”, “divorziati”, e in ogni caso “divisi”, ma le ripercussioni pratiche e tremende sono evidenti sulla trasformazione della società e dei rapporti tra i sessi, sul disorientamento sentimentale e culturale, sulla devianza sociale, il bullismo, i traumi che negli anni emergono a danno dei figli cresciuti in determinate condizioni, l’accresimento del senso di pauara, di spaesamento di deresponsabilità nei confronti della vita e del mondo, che come diceva Don Ciotti nella messa di Brindisi, è il vero motivo del vuoto sociale: la mancanza di responsabilità dei padri, dei genitori verso figli sempre più protetti, ma poco accompagnati a spiccare il volo.

E tutto questo non ha solo un costo di sofferenza che paga tutta la società, ma ha anche un costo sociale elevato che paga tutta la collettività!

Ma gli uomini, ahimè, non paghi delle brutte esperienze persistono nel masochismo esasperato: vivono le esperienze post-divorzio con una leggerezza inappagante buttata sul materialismo, si legano a ventenni o sessantenni, illusi che in tal modo possano vivere storie senza legami (dopo i trenta la convinzione diffusa quanto mai preconcetta è che ci si vuole sistemare), responsabilità, rischi al pari di storie nelle quali sono pigmalioni delle donne, e se ne ritrovano ancora una volta fregati e cornuti.

Ma è ovvio e prevedibile!
Se all’inizio queste storie solo nell’ottica maschile sembrano leggere nell’ottica di quella fascia d’età e di quella fascia di esperienza femminile sono finalizzate.

D’altronde, depressi e frustrati, incapaci di affrontare le disfatte coniugali, forse perchè ormai le guerre non si fanno più all’esterno, ma solo fra le mura di casa, e non son più abituati alla trincea, si accompagnano e cercano compagne apparentemente deboli, gestibili, leggere, dipendenti, fuggendo da chi non dipende, da chi ha una struttura mentale solida, da chi ha costruito tutto da sè.

Ma ovviamente come in passato, chi dipende, sul tempo ti frega per bene, riproponendo la storia già vista della separazione, perchè è ovvio che chi dipende ha interesse a farsi mantenere, mentre chi è indipendente ha atteggiamenti chiari e improntati alla trasparenza, perchè non ha interessi da proteggere.

E spesso in questi legami di dipendenza si consumano storie che non sono storie, ripicche che coinvolgono i minori usati come oggetti (monetarizzazione della società e liquidità dei sentimenti), guerre inutili dove tutti sono perdenti, vite apparentemente ricostruite e mandate avanti a ipocrisia.

Gli uomini rimangono ingenui replicando le stesse trame, senza nemmeno accorgersene, rimangono ingabbiati, rimangono traumatizzati a vita perchè si creano falsi alibi, aiutati da un sistema che se prima della riforma del diritto di famiglia schiacciava la donna a Cenerentola, ora schiaccia l’uomo, ma anche la famiglia stessa e crea questo serpente che si morde la coda perchè le donne che combattono guerre di distruzione per ripicche e interessi personali producono semplicemente una società più debole, più incapace di reagire, alterata in tutti i rapporti personali, paurosa che fa male alle stesse donne per prime, come boomerang che ritorna, e anche ai loro figli.

Ci vuole senso di responsabilità degli operatori della famiglia, applicazione delle leggi seria e responsabile, meno guerre di carte bollate e più collaborazione nell’interesse del vivere civile.

E voi uomini siate più arguti invece di ricadere sempre nei soliti errori vittime di pregiudizi da cultura provincialotta, narcisa e cattolica.

Mi chiedo se l’applicazione della legge sullo stalking e di tutte queste normative a tutela della donna si dipanerà nel modo giusto e razionale, o se anche qui, nel tempo, si consumeranno abusi e ipocrisie.

E mi chiedo se tutta questa voglia di cristallizare in contratti “matrimoniali” le unioni non etero non sia preludio di angherie e orrori come nel mondo etero.

Forse sceglierei a questo punto dei patti pre-unione, piuttosto che pre-matrimonio, rivedendo la norma sui patti successori, in modo da dare dignità e garanzie a chi come chi convive more uxorio o in un unioni di fatto rivendica a ragione dei diritti assistenziali compromessi dalle presenti norme.

Mi chiedo poi, se il co-housing di tipo misto non riproponga l’incontro tra separati e separate in un’ottica generativa di ulteriori situazioni masochiste già viste o frodi in danno dell’ex coniuge tenuto ancora a mantenere.

Propendo invece certamente per il divorzio breve, perchè quando le situazioni sono compromesse e inutile trascinarsi nel logorio dei rapporti e nello svilimento della persona umana.

In tutto questo però, parafrasando Don Ciotti, manca la responsabilità, quella responsabilità il cui significato molti neanche a 40 anni ancora hanno compreso.

Francesca Caricato, avvocato

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