Un’impresaria editoriale strappata al cinema

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Un musetto grazioso, l’aria sbarazzina, la parlantina sciolta di chi vuole buttar fuori tante cose in poco tempo, Greta Panicucci dimostra molto meno dei suoi ventisei anni.
 Una madre che, dopo aver lavorato per molto tempo in una storica farmacia piombinese, ora è assistente alla poltrona in uno studio dentistico.
 Un padre, Massimo, titolare di uno studio grafico e apprezzato musicista, un fratello di trentuno anni, Matteo, laureato in storia dell’arte. E un amore controverso per la sua città, Piombino, da dove parte e dove ritorna quasi ogni settimana, proprio come un’adolescente con tanti sogni nel cassetto, primo fra tutti quello di diventare un’attrice con la A maiuscola e di potersi dedicare a tempo pieno alla sua vera passione, lo spettacolo.
 Nel frattempo però, invece di starsene con le mani in mano ad aspettare la cosiddetta grande occasione, la bella Greta si è comprata una casa nel centro storico, accanto a quella dove è nata e cresciuta – «da via Del Giglio sono passata a via Cavour», spiega – e si dedica anima e corpo, insieme al padre e al fratello, alla redazione di “Graffio”, bimestrale di informazione e intrattenimento, una sorta di free-press distribuito nei locali pubblici, per il quale scrive interviste e rubriche, sceglie di volta in volta gli argomenti da trattare, vaglia le foto e i disegni da inserire, titola i pezzi, tiene le pubbliche relazioni con le aziende, per invogliarle ad acquistare gli spazi pubblicitari.
 «Nata nel 2006 su idea di babbo, di mio fratello e mia, perché tutti e tre avevamo necessità di trovare qualcosa che ci permettesse di esprimerci – spiega la Panicucci – la rivista Graffio, che ora è bimestrale ma nel 2010 diventerà mensile, mi sta dando molta soddisfazione, perché ho scoperto che, anche con la scrittura, così come con la recitazione, riesco a trasmettere le mie sensazioni agli altri».
 La vostra è una rivista “formato famiglia” o raccoglie, nelle sue pagine, anche le firme di collaboratori esterni?
 
«Più che altro si basa sulla forza familiare ma, come tutti i giornali, si serve di collaboratori. Con la differenza che noi permettiamo a tutti di scrivere per dire la loro su qualsiasi argomento, purché non si parli di politica e di religione, due argomenti esclusi dalle pagine di un giornale che non vuole legarsi a nessuna ideologia».
 Lasciamo per un momento il giornalismo e parliamo della sua attività di attrice. Da dove è iniziata?
 
«Da Roma, e dai miei diciassette anni inquieti. Da sempre ho pensato di recitare, ma babbo ha insistito perché io prima studiassi e prendessi il cosiddetto pezzo di carta. Così, dopo le medie, mi ha iscritto al liceo artistico di Grosseto. Da lì sono passata alla scuola d’arte, poi all’Ipc, ogni volta senza grandi risultati e senza soprattutto che io cambiassi idea sul mio futuro, che immaginavo soltanto nello spettacolo».
 Come ha fatto a realizzare, almeno in parte, ciò che voleva?
 
«Sono partita da Piombino alla volta di Roma per iscrivermi alla scuola di Gigi Proietti che ho frequentato per due anni, lavorando in spettacoli come “Grease” e “Aggiungi un posto a tavola”. Poi ho seguito un corso di specializzazione a Cinecittà e ho iniziato a fare comparsate e piccoli ruoli in fiction e reality. Cose di poco conto, che però mi hanno permesso di maturare professionalmente».
 Come mai non è rimasta a Roma per continuare nel suo percorso?
 
«Non ho mai lasciato Roma perché faccio avanti indietro con Piombino dove ho da poco acquistato una piccola casa e dove convivo da tre anni con Marco, il mio ragazzo».
 Cos’è l’attore come lei?
 
«Niente di tutto questo, non lo vorrei un fidanzato attore: lui fa l’imprenditore ed è socio in un’azienda che si occupa di servizi antincendio».
 Ha conosciuto nel frattempo Pupi Avati e ha iniziato a lavorare nei suoi film.
 
«Sì. Dopo vari spettacoli teatrali ho provato a lanciarmi verso il cinema. Grazie all’intervento di una mia parente mi è stato presentato Avati, a cui sono piaciuta come caratterista. Lui mi ha ingaggiata per una piccola parte in “La seconda notte di nozze” e poi mi ha dato un ruolo nel film previsto in uscita per il 3 aprile, dal titolo “Nel tepore del ballo”, dove recito la parte di una fioraia».
 Come riesce a conciliare l’impegno nello spettacolo con la redazione del bimestrale?
 
«Mi sono iscritta a un’agenzia, quella di Tiziana Deodato, che mi segue e mi chiama quando c’è un casting: un grosso aiuto in tal senso me lo sta dando anche Roberto Farina, casting director di Pupi Avati».
 Lavorare con Avati è difficile?
 
«Per niente. Pupi è un grande professionista, sul set è uno di noi, mangia con gli attori, non se ne sta in disparte come fanno altri registi, è molto diretto nel dialogo e se deve dirti qualcosa non ci pensa due volte. Con lui si lavora molto bene, anche se non è una persona troppo espansiva. Mi piace soprattutto la sua correttezza e spero che, in futuro, mi dia ancora delle possibilità».
 Che esperienza è stata invece studiare con un maestro di grande spessore come Gigi Proietti?
 
«Bellissima, anche se durante il periodo della scuola lui non era molto presente: sarà venuto in classe quattro volte in due anni. Tant’è che, come insegnanti, io ho avuto più che altro Pino Insegno e Cinzia Rinaldi».
 Quando deve stare a Roma per lavoro dove abita?
 
«In casa di una signora che vive ai Parioli, da dove mi muovo in motorino nel traffico caotico della città».
 Quante volte va nella Capitale in un mese?
 
«Dipende, a volte tre o quattro, altre volte mi fermo una settimana intera, secondo le esigenze e le offerte che ricevo e secondo gli impegni che ho con Graffio».
 Quanto tempo dedica alla rivista?
 
«Graffio, che nel 2010 fra l’altro diventerà mensile, mi porta via parecchi giorni al mese. Mi occupo di molte cose e devo sempre correre di qua e di là come una forsennata».
 E’ finanziato dalla pubblicità o ha altri introiti?
 
«La pubblicità è la nostra unica fonte di guadagno. Abbiamo dei venditori di spazi che raccolgono le adesioni e poi distribuiamo il giornale nei vari locali pubblici».
 Una rivista, la vostra, più che altro dedicata ai giovani…
 
«Sì, ma che può essere letta da tutti perché contiene argomenti vari: dalla fantascienza al cinema, al teatro, notizie, articoli e interviste che non hanno nessun limite di età».
 Perché “Graffio”?
 
«Volevamo un titolo che potesse rimanere impresso nella memoria e raccogliesse tutto ciò che Graffio significava: grafica, realtà, appunti, fumetti, finzioni, idee, occasioni. Il nostro, e ci tengo a dirlo, è un magazine di libera comunicazione, su cui ognuno può “graffiare”. I nostri collaboratori cambiano di continuo e cerchiamo di lasciare spazio a tutti».
 Dove viene distribuito?
 
«Da Livorno a Grosseto, con una tiratura che va dalle 3000 alle 4000 copie».
 Spettacolo e giornalismo. Se dovesse essere messa di fronte a una scelta quale farebbe?
 
«Opterei senza dubbio per lo spettacolo, anche se lascerei malvolentieri il giornalismo. Fare l’attrice, infatti, è sempre stata la mia massima aspirazione, ma anche scrivere intervistare gente, conoscere storie di persone della zona che, pur vivendo nell’ombra hanno qualcosa di importante da dire, mi entusiasma ogni giorno di più».
 Parliamo di Piombino, la sua città di nascita. Come la vive?
 
«La vivo bene, anche se non mi ritengo piombinese, ma romana».
 In che senso?
 
«Nel senso che le amicizie più importanti in tutti questi anni le ho fatte a Roma».
 Il ragazzo però lo ha trovato a Piombino.
 
«Sì, ma solo perché ho incontrato un piombinese di cui mi sono innamorata, non certo perché volevo il fidanzato casereccio».
 Lui è contento di questa sua doppia vita?
 
«Lo sapeva dall’inizio. Gli ho sempre spiegato che se avesse voluto prendere il “pacchetto” avrebbe dovuto lasciarlo com’era, raccogliendo tutto senza scartare niente. E poi Marco dice che preferisce vedermi anche una volta all’anno sapendomi felice».
 Anche i suoi genitori approvano le scelte che ha fatto?
 
«A dire il vero non sono molto entusiasti e non hanno mai avallato la mia decisione di recitare. Forse perché, come tutti i genitori, vorrebbero per la loro figlia un futuro più solido. E, sia il teatro che il cinema, sono di fatto lavori molto precari, che un giorno ti danno da vivere e altri dieci no. A meno che si arrivi a essere grandi nomi, cosa oggi più difficile che mai, soprattutto per chi non vuole giungere a compromessi».
 Ha avuto in questi anni proposte indecenti?
 
«Certo, ma l’importante è non farsi coinvolgere e andare avanti tranquilli per la propria strada».
 Mai avuto pentimenti di sorta per aver scelto un percorso irto di ostacoli come quello dello spettacolo?
 
«Mai. Recitare è la mia vita e finché avrò vita ci proverò, anche senza grandi ambizioni di successo. Il successo, se arriverà, non lo butterò certo via: la vita è una ruota e forse un giorno girerà nel verso giusto. Ma non lo inseguo come un’ossessione. L’importante per me è alzarmi la mattina sapendo che posso fare un lavoro che mi piace, anche se poi per mantenermi, visto che adesso ho anche un mutuo da pagare per la casa, devo arrangiarmi lavorando in altri campi».

Maria Antonietta Schiavina, da “Il Tirreno”, febbraio 2009

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