La promessa repubblicana all’America: al di là delle parole

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“You cut” (Taglia) è lo slogan del Partito Repubblicano che  cerca di contrastare quello di “Yes, we can” di Barack Obama nell’elezione di due anni fa. “You cut” è incluso nella “Promessa Solenne all’America” (Pledge to America) del Gop mediante il quale i cittadini americani potrebbero indicare online i tagli specifici da fare per uscire dalla crisi economica attuale.
Il “Pledge” rievoca ovviamente il Contratto con l’America di sedici anni fa che precedette la conquista repubblicana di ambedue le camere. Il Gop spera di ripetersi.
Le ventuno pagine del documento consistono di una rievocazione dei principi repubblicani che farebbero piacere agli elementi più conservatori del partito rappresentati dal Tea Party, l’ala destra del Gop.
Le parole promettono di ridurre le tasse, stimolare l’economia per creare posti di lavoro, abrogare la riforma sanitaria approvata recentemente, rifinanziare il progetto di scudo missilistico ed una linea dura contro il terrorismo e l’Iran.
In effetti, come ha detto il presidente Obama, si tratterebbe di un ritorno alla politica di George Bush che in grande misura è responsabile per la crisi economica americana ed in secondo luogo anche quella mondiale.
I tagli alle tasse, come ha scritto recentemente il New York Times, aumenterebbero il deficit federale. La continuazione degli sgravi fiscali per i benestanti non creerebbe posti di lavoro e scaverebbe un altro buco di settecento miliardi di dollari nel deficit.
La riduzione delle tasse come investimento, che in teoria creerebbe lavori e stimolerebbe l’economia eliminando il deficit, è già stata provata con risultati disastrosi. Lo si è visto negli anni ottanta con Ronald Reagan e in tempi più recenti con George Bush. Le conseguenze sono ovvie. Quando il tesoro del governo non ha fondi, bisogna tagliare programmi.
In effetti, i tagli fiscali sono parte del DNA repubblicano e sono indirizzati al concetto di “starve the beast” (fare morire  di fame la bestia). La bestia, nell’ideologia repubblicana, è il governo. Meno governo, meno possibilità di spendere per coloro che hanno bisogno.
Come ha detto Jerry Brown, candidato a governatore della California, nel suo recente dibattito con Meg Whitman, tagliare cinque miliardi di tasse ai ricchi vuol dire che i ragazzi, le scuole, e i bisognosi dovranno coprire quel buco al bilancio.
Meno governo si tradurrebbe naturalmente in riduzione ed eventuale eliminazione di programmi sacrosanti come il Social Security ed il Medicare. Ecco cosa ha proposto infatti Sharron Angle, candidata del Tea Party al senato nello Stato del Nevada e avversaria di Harry Reid, l’attuale presidente del Senato.
Angle non ha evidentemente partecipato alla stesura del “Pledge”. Una delle tesi del documento è di “proteggere i programmi per gli anziani di oggi e le future generazioni”. Sembra una remata centrista per non spaventare gli elettori americani la cui maggioranza supporta il Social Security ed il Medicare.
Ma sono solo parole perché continuando una pratica che insiste sulla riduzione costante delle tasse qualcuno dovrà eventualmente soffrire le conseguenze.
Si crede che il Partito Repubblicano abbia buone chance di vincere almeno una delle due camere. Ma anche se riuscissero a conquistare ambedue le camere, l’eventuale minoranza democratica  gli potrebbe ostacolare la loro agenda legislativa. Per non parlare poi della possibile imposizione del veto di Barack Obama.
Il “Pledge” del Gop non è altro che una trovata per collegarsi al passato del “Contract with America”. Il contenuto non fa altro che riscaldare la “minestra repubblicana” per sedurre gli elettori. Non si tratta solo di parole dato che dentro di esse si nasconde una filosofia egoistica del ruolo dell’uomo nella società civilizzata. Meno tasse, meno governo, ed ognuno si  difenda da se stesso. Chi può guadagnare di più, lo faccia senza avere obbligazioni verso il resto degli altri cittadini.
Il “Pledge” repubblicano non avrà un forte impatto sul risultato delle elezioni di mid-term il due novembre. Sarà il malcontento per l’economia che aiuterà i repubblicani.

Domenico Maceri

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