Tenta il suicidio un detenuto albanese

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Aveva pianificato tutto, l’ora (quando in cella con lui non c’era nessuno e le guardie erano lontane), le modalità.
 Non aveva, però, fatto i conti con il senso di professionalità degli agenti e il suo intento di darsi la morte col gas della bomboletta che si usa per fare il caffé è fallito. Fallito al punto da suscitare una tremenda reazione che ha scaricato addosso a coloro che invece lo avevano salvato e, come hanno raccontato gli stessi protagonisti, sono riusciti a “prenderlo per i capelli” e riportarlo in questo mondo, lui che era quasi aldilà. Ma si vede che, in questo mondo, proprio non aveva più intenzione di restarci, così che se l’è presa con i suoi soccorritori cominciando a menare calci, spinte e pugni non appena ha preso coscienza che non si trovava davanti a San Pietro, bensì al solito agente che quotidianamente lo visita per l’appello e il contrappello serale.
 Così G.P., 47enne di nazionalità albanese, ha fallito il suo tentato suicidio e ora si trova in infermeria del forte San Giacomo per le cure del caso.
 Raccontano gli agenti di custodia. «A insospettirci che qualcosa non andava per il verso giusto – dicono – è stato il forte odore di gas che si respirava nel corridoio. Fatta una verifica, abbiamo capito da quale cella proveniva. Quando siamo entrati – aggiungono – abbiamo trovato G.P. riverso sul pavimento e già cianotico. Abbiamo chiuso la bomboletta del gas e provveduto a togliere dalla finestra e dalla fessura della porta gli stracci che aveva messo, areato l’ambiente mentre alcuni di noi provvedevano a far riprendere conoscenza al detenuto. Quando poi ha capito come stessero le cose, ha cominciato a menare calci e pugni a chi gli si faceva sotto».

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