Sempre in ritardo in fatto di “buona informazione”: chi controlla?

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E’ stata la settimana caratterizzata dal “giallo” dei Medici Senza Frontiere (Msf) nel Darfur, questa che si è appena conclusa.
Pochi sapevano l’esistenza di questa regione occidentale del Sudan a un passo dal deserto del Sahara, regione che vive lo scontro armato scoppiato nel lontano 2003 fra gruppo di miliziani islamici reclutati fra i membri delle locali tribù nomadi dei Baggara, e un altro gruppo di popolazione che Baggara non è e che prevalentemente  è dedita all’agricoltura. L’eterno e intramontabile dissidio di scontri fra chi è abituato a spostarsi per procacciarsi di che vivre e chi invece opta per la stanzialità, lavorando la terra e coltivando i campi. Sei anni lunghi e macchiati di sangue di cui l’occidente e il mondo industrializzato non se ne è curato a sufficienza fino a quando non vengono colpiti, come è stato il recente sequestro dei quattro medici Msf fra cui anche un italiano.

Ma ciò che intendo sottoporre alla vostra attenzione è stata la ridda di notizia ch si sono susseguite sulle scrivanie dei giornali e nelle redazioni televisivi, spesso contraddittorie, frammentarie, e, anche (purtroppo) false. Senza alcun credito. Ragion per cui sembra che la maggiore preoccupazione dei principali mezzi di informazione sia stata quella di arrivare per primi sulla notizia e darla prima degli altri: insomma, creare quello che in gergo si chiama lo “scoop” .

Nella serata di venerdì si era diffusa la nota (surrogata da una dichiarazione della Farnesina)che i medici erano stati liberati; non appena 12 ore dopo, ecco la secca smentita, questa volta dai massimi vertici di governo (sia sudanesi, sia italiani). Infine a ieri sera, l’apertura dei telegiornali con la riacquistata libertà dei dottori Msf.
Le autorità sudanesi hanno ammesso la liberazione degli ostaggi: “È confermato”, ha detto Ali Youssef Ahmed capo del protocollo del ministero degli Esteri di Khartoum, aggiungendo che “sono stati liberati.

Sono salvi. Stanno tutti bene.

Sono ancora in Darfur e saranno trasferiti a Khartoum”. Una notizia accolta con freddezza, per ora, dalla Farnesina e da Msf. La prima ha dichiarato che «sono in corso verifiche» sulla veridicità della notizia, mentre l’associazione umanitaria non ha voluto commentare.

Msf in un comunicato aveva fatto sapere di essere stato informato “del possibile rilascio dei nostri operatori”. Ma diceva, inoltre: “In ogni modo, da quando abbiamo avuto quest’informazione non abbiamo né incontrato né potuto né potuto stabilire contatti diretti con i nostri colleghi”.

La Farnesina ha quindi confermato in tarda serata le preoccupazioni di Msf: “Il ministero degli Esteri, alla luce del mancato contatto da parte di Medici senza frontiere con i loro operatori coinvolti nel sequestro in Darfur, sta cercando di verificare quanto precedentemente appreso sulla loro liberazione”, ha fatto sapere attraverso una nota. La situazione nell’area è complessa ma le operazioni per ottenere il rilascio dei quattro operatori (oltre al medico italiano erano stati sequestrati il coordinatore francese Raphael Meonier, l’infermiera canadese Laura Archer e un dipendente sudanese) erano state immediatamente avviate dai servizi sudanesi.

Al punto che ieri pomeriggio Msf aveva potuto parlare direttamente con i sequestrati attraverso un cellulare potendo così far sapere che le trattative erano in corso e che i quattro stavano bene”. Contatti che, ore dopo, non erano ancora avvenuti.  Come si vede da questa ricostruzione un ping pong di notizie, date in pasto alla gente, che hanno regalato momenti di ansia e di assoluta incertezza.

Quindi, informazione non corretta ma dettata da altri principi che nosono quelli a favori di chi questa guerra la deve subire sulla propria pelle, quando però c’è l’informazione.

Ma c’è ancora un altro episodio che è bene evidenziare: si tratta dell’attribuita “gaffe” che ha compito il nostro premier con Nicolas Sarkozy, presidente della repubblica d’Oltralpi secondo cui il leader francese si doveva sentire in debito con l’Italia per via che il nostro Paese aveva dato la “femme” al numero uno i Parigi. Un labiale interpretato male dai cronisti che presto ha fatto iol giro del mondo facendo passare il nostro Capo di Governo per un “gaffeurs” incorregibile, al quale non si raccomanderebbe nessuno. Di riflesso anche l’Italia è stata “danneggiata” da questa interpretazione: in verità la frase attribuita a Berlusconi non sarebbe mai stata pronunciata. Avrebbe detto, semmai, che anche lui, ai suoi tempi frequentava corsi alla Sorbona, per dire che il francese lo sa e lo “mastica” bene. Potenza dell’informazione: che è pronta a sollevare agli alteri le persone e a triturarle nella polvere con la massima disinvoltura.

Peccato che, in questo gioco al massacro, ci siamo noi in mezzo.

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