Resistenza: maneggiare con cura, per favore

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L’allarme è stato lanciato dalle commissioni diocesane “Giustizia e Pace”. Da quello che accoratamente scrivono in un documento pubblicato oggi, giorno delle celebrazioni della Liberazione dell’Italia, si evince che le diocesi di Novara e Vercelli sono convinte che il nostro Paese corra un rischio serio: cioè, secondo loro, la Resistenza, e quello che essa ha rappresentato in Italia, venga messo realmente  “in pensione”: di finire in soffitta. E con lei tutti i valori che hanno permesso al nostro Paese di ritornare nel novero delle Democrazie europee e mondiali. La Resistenza, dunque deve essere salvata. “Per ora –stando a quanto pubblica oggi su Famiglia Cristiana Alberto Bobbio – è un ‘lieve venticello’, ma sussiste il pericolo che diventi una corrente gagliarda. Le diocesi di Novara e di Vercelli sono preoccupate a 65 anni dalla liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo che si dimentichi il sacrificio di donne e uomini, di 46.187 partigiani morti per la democrazia, di oltre 40 mila persone uccise nei campi di concentramento nazisti, di migliaia di soldati italiani che per non combattere per la Repubblica sociale finirono internati in Germania e morirono”.

Quindi può darsi di assistere a un affievolirsi sempre più marcato di tutto ciò che la Resistenza ha rappresentato nella storia civile del nostro Paese. Insomma di perdere (se non è già avvenuto) i valori che sono stati alla base della nostra Repubblica, per fare invece spazio a sentimenti più ovattati, più quieti, amanti del bel vivere, senza correre seri pericoli.

Così le diocesi di Novara e Vercelli rilevano che oggi “purtroppo si assiste, in maniera sempre più subdola e marcata al tentativo di porre sullo stesso piano, fascisti e antifascisti, partigiani e repubblichini. Crediamo davvero difficile che si possa pensare di dare pari dignità come belligeranti, sia ai partigiani che combattevano per la Libertà, che ai fascisti della Repubblica di Salò che difendevano con le unghie e con i denti l’esanime dittatura di Mussolini”. Per cui mettere sullo stesso piano “vittime e carnefici” delle stragi di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Boves e di altri eccedi è “un’operazione di maquillage antistorico che non può e non deve essere portato a compimento”.

Nel giorno, dunque, delle celebrazioni della Resistenza che sono in pieno svolgimento in tutti i comuni della nostra Penisola, è necessario rievocare e far rivivere quei sentimenti che animarono così caldamente i nostri padri da immolare le loro vite, senza dimenticarsi di nessuno, neppure di quei giovani cattolici che sono andati in montagna a combattere. Non solo, sempre parafrasando il documento delle diocesi di Novara e Vercelli. Ma anche non scordarsi del contributo dato dalla popolazione civile, la quale aiutò i partigiani, perché “idealmente, senza imbracciare un’arma si schierava accanto ai combattenti per la libertà”.

La libertà. Ecco il bene così prezioso e così determinante per noi stessi, impegnati nel cammino della civiltà. Ritengo però che sia arrivato anche il momento di guardare con serenità di giudizio alla nostra Storia recente, senza fare forzature, né ideologie troppo acquiescenti che ne falsino la lettura reale di quegli avvenimenti. Ritengo che se oggi si è arrivati a questi punti è perché troppo si è insistito sull’idealizzazione della Resistenza, affrancandone esclusivamente taluni contenuti, se non  sovrapponendoli di contenuti che presumibilmente non ne aveva ispirati principi democratici, libertari e solidali.

Cioè dare una interpretazione o ricostruzione scevra, realistica, storica dei fatti; senza dimenticarsi di quello che succedeva dall’altra parte della barricata e non dimenticarsi dei cosiddetti nemici solo perché gareggiavano su sponde diverse.

La Resistenza deve essere oggi un’occasione di riappacificazione e di unificazione degli Italiani. Deve rappresentare un monito per le generazioni che verranno nel non ripetere gli errori; e nel ribadire il concetto che vede lo sviluppo della società solo quando si è in concordia: tutti lavorano uniti, per raggiungere uno scopo comune e condiviso. Le divisioni lasciamole fuori della porta. Le nostalgie lo stesso: i commercianti di Predappio che fanno affari d’oro che vecchi souvenir dovrebbero essere compatiti e non essere indicati come esempio di un qualcosa di torbido che si annida nell’anima di coloro che non hanno mai dimenticato e che è pronto a riesplodere nuovamente. Oggi non esiste il pericolo di colpi di Stato, la Democrazia dimostri di aver raggiunto la sua completa maturità.

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