Trasformismo, il vizietto del nostro sistema parlamentare

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Si chiama trasformismo. L’abbiamo studiata sui banchi di scuola la pratica secondo cui, all’interno del nostro sistema repubblicano, le varie proposte che venivano formalizzate ora da questo ora da quel gruppo appartenente alla Sinistra o alla Destra delle Camere erano puntualmente elaborate, smussate, sostanzialmente “trasformate”, in modo tale che anche gli opposti schieramenti avrebbero finito (poi) per approvarle definitivamente. Ragion per cui, alla fine non si capiva più con tutti gli emendamenti apportati, con tutte le aggiunte o cancellature effettuate, se la proposta di legge appartenesse sicuramente alla Sinistra o alla Destra storica: potenza della politica italiana. Questo era ed è il nostro trasformismo parlamentare: un costume, come si ha avuto ragione di capire che è insisto al nostro stesso sistema di legiferare. Si potrebbe dire che è nato con esso e che si è annidato sugli scranni del Parlamento in modo che neppure i più esperti riformisti o innovatori riuscirebbero a scongiurare e ridurre all’impotenza.

Dico questo perché, alle soglie di quello che è davvero il momento culminante per la vita dell’attuale esecutivo nella prossima settimana, non si fa altro che assistere a pantomine ispirate sempre a questo genere  di comportamento trasformistico. In un certo senso avrebbe ragione anche lo stesso premier, quando afferma che deputati che sono stati eletti in una coalizione, strada facendo smarriscono la propria vocazione per schierarsi con l’opposizione, avendo per obiettivo lo scopo di mettere l’esecutivo in minoranza e quindi di farlo cadere.

Ritengo che, se era questa la volontà di tagliare i rifornimenti all’attuale presidente, non era però il sistema per portarlo sul calvario, ma ci stavano altre forme parlamentari per metterlo davanti alle sue responsabilità. Invece si è preferito battere altre strade: trasferire la crisi fuori dal parlamento, davanti alle telecamere e ai salotti della media-alta borghesia che regola e comanda le nostre televisioni, o sui giornali a colpi di scoop oppure denigrando, a volte anche oltraggiando, il proprio avversario con tutti i mezzi leciti o illeciti.

Che sia in atto una lotta all’ultimo sangue appare fin troppo evidente; bisogna capire la posta che c’è in gioco, oltre allo scontato potere che si potrà avere gestendo lo Stato. Personalismi portati all’eccesso e trascinati in chiave politica; tornaconti del tutto individuali, sfruttando la propria posizione, per avere in cambio immunità e garanzie di non essere perseguito, tracotanza d’onnipotenza dettata dall’enorme capacità di manovrare somme incredibili di denaro portano all’esasperazione il confronto politico facendolo tramutare in rissa. Oggi tutto si paga: tutto ha un prezzo;  tutto funziona in termini di riscontri economici e di ricadute in questo senso; se non porti vantaggi economici sei un nulla.

Per questo oggi assistiamo all’inverecondo spettacolo del mercato parlamentare per avere un voto in più in sede di votazione finale. Uno spettacolo edificante per l’istituzione della Repubblica?  Per nulla. Ennesima dimostrazione che la moralità e l’eticità dell’essere “onorevole” è andata a mano a mano annacquandosi al punto da scomparire del tutto.

Cosa ci dobbiamo aspettare da questa settimana: comunque vada a finire il dibattimento sarà sempre una pagina difficile da digerire per la nostra storia recente; perché anche nel caso che il governi avesse un voto in più, non ci sarebbe affatto stabilità per governare: sarebbe sufficiente che un tizio starnutisse a far saltare per aria l’intero castello e, quello che mi pare ancor più grave, dall’altra parte non esiste una colazione forte da rappresentare un’alternativa valida all’attuale premier.

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