L’effetto sulla nostra mentalità del terremoto e tsunami giapponesi

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Un effetto incredibile nell’opinione pubblica hanno prodotto il terremoto e poi l’onda dello tsunami che si è abbattuto sulle coste nord orientali del Giappone, quest’ arcipelago di isole sulla fraglia più inquietante e allarmante del pianeta, così sottoposta a terribili sconvolgimenti naturali. Così nel web si sono moltiplicati i filmati amatoriali ch hanno tutto lo stesso identico scopo: quello di farci vedere la forza travolgente della natura quando essa si scatena. E non c’è forza d’uomo che può contrastarla. Impedire che ci sia disastri, rovine e soprattutto morti. Vedere quei filmati (e penso che ognuno di noi ne abbia visto almeno un paio) è come vedere una mano potente, invisibile che si abbatte sulle costruzioni Lego. La materia si accartoccia, si sbriciola; non riesce a contrastare la corrente ed è spazzata via con la medesima facilità di un fuscello in preda al torrente che tracima a valle. Senso d’impotenza. Unita alla constatazione che la natura è sempre più forte dell’uomo. E colpisce ancora un altro dato: il disastro si è abbattuto su una nazione che è abituata a convivere con i terremoti. Che sa come ci si deve comportare nei casi in cui la terra cominci a muoversi e a ballare. Dicono i commentatori che se la stessa furia si fosse abituata in un’altra qualsiasi parte del pianeta i morti si sarebbero contati a centinaia di migliaia. Qui, nel regno del Sol Levante, si è riusciti a trattenere il numero dei dispersi che sono considerevoli. Pochi istanti prima della pubblicazione del mio pezzo le agenzie battono il numero di dieci mila vittime: una cifra enorme. E a non far stare tranquilli c’è il pericolo del nucleare, dopo esplosione che si è verificata in una centrale di questo paese.

Penso che il secondo pensiero che sia venuto in mente a ognuno dei miei lettori è quello relative alla profezia dei Maya e di altri famosi veggenti del nostro passato che hanno fissato la data del 2012 come quella in cui il pianeta, questo giardino dell’Eden esploderà o imploderà decretando a conti fatti la fine del creato. Che sia questo un primo accenno di quello che potrà accadere tra alcuni mesi?

Non credo alle profezie e ai maghi che si sono arroccati nel privilegio di essere loro i testimoni o gli annunciatori di quanto avverrà la fine del mondo. Non ci credo perché ne ho visti passare davanti a decine di centinaia e credo in quello che è scritto nel Libro nel passo in cui si legge che “nessuno sa né il giorno, né l’ora di quanto arriverà la fine”. E se è scritto lì.., c’è da crederci. Ma al di là di questo e delle considerazioni filosofiche che si possono fare attorno a quanto è successo, nasce in me il bisogno di rendere testimonianza del fatto come i nostri tempi così tecnologici, così proiettati nel futuro, non siano in grado di garantire all’uomo la sua salute, il suo benessere, il suo stato di cittadino. Migliorata certo la qualità della vita, ma certo che siamo lontani a diventare anche padroni dell’imponderabile, delle forze scatenanti che sono in natura.

E si porrà nei prossimi giorni nel nostro Paese la questione nucleare sì, nucleare no.., per evitare che succedano casi come quelli verificati nell’86 a Cernobyl (Russia Bianca) e adesso in Giappone. Si dovrebbe invece imporre quella tradizione che è nel dna dell’umanità secondo cui dagli eventi disastrosi che si sono verificati, trarne indicazioni preziose perché diminuisca (siamo sicuri che non sparirà del tutto) il rischio di morire durante la manifestazione di uno di questi. Gli antichi avevano visto in questi eventi giganti mostruosi, i Titani che osteggiavano opponendosi a Zeus nel predominio sul mondo. Ma la loro storia la conosciamo: è prevalsa la ragione che ha fatto sì che in questo meraviglioso giardino continuasse la stirpe dell’uomo.

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