Una spallata alla politica tradizionale le elezioni di Pietro Grasso e Laura Boldrini

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Quello che è successo, con la proclamazione alla presidenza delle Camere di Pietro Grasso e di Laura Boldrini, ha in sé qualcosa di rivoluzionario. Di sicuro di non atteso. Uno schiaffo dato alla politica, intesa nel senso più stretto del termine e, allo stesso tempo, un bisogno di rinnovamento che ha dell’incredibile. In pratica, una rivoluzione che è avvenuta nonostante il Movimento a 5Stelle. Ossia, senza il suo apporto (se si escludono quella quindicina di grillini che hanno votato “per coscienza” e che hanno mandato su tutte le furie il loro Capo Popolo). Il Novecento ci aveva abituati, se volevamo veder cambiare le cose, alle rivoluzioni, ai sovvertimenti dell’ordine costituito da attuarsi soltanto e unicamente attraverso azioni di forza. Rivoluzioni a mano armata. O con i carri armati. Nell’era del Terzo Millennio della cristianità non è più così. Si può arrivare ai cambiamenti epocali, come quelli a cui abbiamo assistito, anche attraverso le riforme (strategia impensabile non più tardi di una quindicina di anni fa).Cosa è cambiato nel frattempo?

Molto dello scenario in cui si muove il mondo della politica in Italia e non solo. Per capirlo basterebbe analizzare le persone che si sono alternate ala presidenza della Camera a partire da Nilde Iotti e Irene Piveti per passare poi agli uomini come Pietro Ingrao, Giorgio Napolitano e Luciano Violante. Tutti uomini o figure appartenenti all’apparato o che comunque si appoggiano a partiti politici. Laura Boldrini e Pietro Grasso non appartengono a questa categoria. La prima elogiata perfino da Famiglia Cristiana che lo scorso anno non disdegnò nel nominarla come la Donna dell’anno e Pietro Grasso, giudice che ha fatto della lotta alla mafia e alle organizzazione criminale il suo cavallo di battaglia, la sua ragione di uomo pubblico. Due figure quindi che escono dai parametri consueti. Tant’è vero che non figuravano nella lista dei probabili candidati. Un po’ come è avvenuta per l’elezione di papa Francesco. Chi l’avrebbe mai supposto che fosse un cardinale venuto “dalla fine del mondo” a Roma a salire al soglio di Pietro? Colti anche in questo caso di sorpresa. E come non ricordare, per esempio, il forte imbarazzo avvertito in diretta sulla rete ammiraglia della televisione di Stato (Rai1) dei giornalisti cronisti in Piazza San Pietro all’atto della proclamazione del cardinale più votato in conclave? Evidentemente non avevano a disposizione pronta una biografia di padre Bergoglio, altrimenti no si può spiegare quei minuti di silenziose durante i quali si sentiva soltanto il rumore dei fedeli in piazza. E guardiamo ai loro discorsi, sentiamo le immagini che hanno proposto ai loro elettori e alla nazione e quindi al mondo: una chiesa povera, i poveri diventano l’obiettivo principali, la politica deve recuperare quanto ha perso per strada e divenire servizio per il popolo. Io ho avvertito una sintonia di ragionamenti, un connubio di concetti che si sposavano bene fra loro. E’ da queste considerazioni che dico di aver sentito la novità essenziale. La sconfitta della politica a vantaggio e appannaggio delle aspettative della gente che esce dissanguata da una crisi strutturale di questa portata. Che il rinnovamento sia in atto lo attendiamo (come conferma) nella prossima primavera, quando si tratterrà di eleggere il capo dello Stato. Nel frattempo la sfida che adesso si delinea all’orizzonte è la formazione del governo. Siamo fiduciosi che la strada intrapresa porterà dei buoni frutti; per cui avanti, con fiducia.

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