Il giorno di Ruby è arrivato, ma il mondo è in ansia per Nelson Mandela

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Sarà la settimana in cui si chiuderà il processo Ruby a Milano che vede chiamato direttamente in causa il Cavaliere. E diciamocelo pure, finalmente. Così finiscono le reprimende, i sospetti e l’onda di fango che si vuole gettare sulle presone famose. E caso da non sottovalutare, saranno proprie tre donne giudici a esprimere e a pronunciare il verdetto. Sono curioso divedere quale strada verrà da loro imboccata, se prevarrà la supposizione dello scandalo oppure se invece la scappatoia che i fatti non costituiscono reato. Questione di ore e finalmente si saprà in quale direzione marcia la Giustizia italiana. Invece sono ore convulse e ore di trepidazione per le sorti di Nelson Mandela, il leader della lotta all’apartheid le cui condizioni di salute si sono ulteriormente aggravate nel corso della notte e adesso si teme il peggio. Oramai il Sudafrica si rassegnato a perdere davvero un padre della democrazia e dell’affermazione dei diritti civili a tutti gli uomini, indistintamente dal colore della loro pelle. I suoi concittadini (ma anche tutte le persone del mondo a cui stava veramente a cuore) tornano a pregare per il loro leader che è diventato l’immagine, l’emblema dei terzomondisti di tutto il mondo, stimato dalla stessa minoranza bianca, alla quale l’ex presidente e l’Anc hanno saputo assegnare un posto nella società multirazziale e democratica. Si tratta di una delle figure che danno il tono a un secolo e costituiscono delle pietre di paragone sulle quale la storia dell’umanità dovrà misurarsi e prenderne atto. Cose invece che non si possono commisurare con la nostra realtà, visto che questa settimana sarà davvero intensa per Josefa Idem, neo ministro alle Pari opportunità. Dimissioni sì, dimissione no? E’ iniziato lo spoglio della margherita e , anche in questo caso, tra poche ore sapremo come sono andate effettivamente le cose. Quale spada di Damocle pende sulla testa dell’Onorevole? L’inosservanza della legge a proposito del mancato pagamento dell’Ici sulla casa-palestra di Ravenna, la riscossione di un affitto per la palestra spacciata per personale e i contributi previdenziali ottenuti grazie a un contratto come dipendente dell’associazione presieduta dal marito della Idem. Non sono piccole cose. Possibile che si sia dimenticato tutto, come il ministro stesso afferma? Non è neppure consolatorio il fatto che abbia detto di vuole appianare tutte le inosservanze, ma sorge una domanda: quando si accettano incarichi di una simile rilevanza e portata istituzionale non è forse meglio prima aprire i propri armadi e fare pulizia di tutte le “inadempienze” o dei casi cosiddetti sospetti sui quali l’opposizione potrebbe fare una dura reprimenda? Non è certo un bell’esempio di civismo che si dà alle nuove generazioni e all’estero. E termino facendo riferimento a quello che sta avvenendo in occasione  della Confederations Cup in Brasile, non negli stadi, bensì fra le strade, nella piazze dove si conta che siano circa due milioni le persone che stanno dimostrando contro le manovre fiscali per promuovere iniziative di calcio. Questo può essere un monito sia perché il Brasile ama il calcio, sia perché questa nazione è ritenuta in espansione economica, in crescita, non come l’Italia che appare ancora indolenzita dalla crisi. Queste due circostanze dovrebbero spingere alla riflessione su quanto sta avvenendo. E come questa protesta si sia fin da subito ingigantita e diventata partecipativa.

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