Cosa rimane del grido e delle lacrime dei tifosi al Mondiale in Brasile?

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Fuori dai Mondiali durante la fase eliminatoria. Era già successo quattro anni fa in Sudafrica; come si erano già verificate le esclusioni di fila negli anni Sessanta. Periodo nero del nostro calcio, quello che fa muovere e palpitare milioni di cuori tricolori attorno alle fortune di un pallone di cuoio che non intende entrare nelle porte delle squadre avversarie. Ma soprattutto tragico per  la notizia che aggrava il quadro generale: la  morte di Ciro Esposito, il tifoso napoletano che era stato aggredito a Roma in occasione della finale di Coppia Italia tra Napoli e Fiorentina. Queste sono le vere disgrazie di un ambiente, quello del calcio, che pare abbia perso la condotta della ragione e che si fa sempre più prendere la mano dagli impulsi passionali, dagli istinti bestiali come il morso di Suarez al nostro Chiellini. Simili schiaffi avvengono perché si corregga il senso di marcia e si intervenga per trovare al problema una soluzioni che tutti si attendono. Adesso è chiaro che il Mondiale in Brasile prende un’altra piega per noi Italiani che lo seguiamo sì con l’interesse che la competizione riveste, ma non certo con la passione che ci avrebbe accompagnato se fosse ancora in gioco la nostra squadra azzurra. Che cosa ricorderemo di questo torneo? Le scarpette di diverso colore dei giocatori? Le partite giocate alle 13 negli stadi più impensati del Paese? Gli incidenti muscolari prima del torneo e l’eliminazione dell’attaccante viola Rossi? O i guantoni così grandi da parere quasi impossibili di Buffon. Un po’ di tutto questo, ma è certo che si poteva fare prima qualcosa perché la storia non avesse questo triste epilogo. E prima di tutto la Federazione. Perché nessuno si è fatto sentire sull’assegnazione degli stadi e sull’orario delle partite, mentre le altre squadre hanno avuto ben altri comportamenti? Se gli Italiani hanno sofferto il caldo (ma anche i nostri avversari giocavano nelle stesse nostre condizioni, solo che per loro era una questione d’abitudine) – e questo si sapeva – perché non si è fatto niente per rimuovere almeno una delle ultime gare dalla fascia oraria così impossibile? Oppure si è fatta la scelta di seguire più gli interessi televisivi che quelli dello spettacolo e dello sport. Da questo punto di vista la nostra Federazione è stata latitante e un segnale in tale senso del malumore che si avvertiva in Federazione lo abbiamo visto (punta di iceberg) con le dimissioni prima della partenza di Albertini, poi con l’intervento di chissà quale personaggio, rientrate, ma che adesso hanno bisogno di essere spiegate al Paese. Federazione nell’occhio del ciclone per come ha lasciato il nostro calcio della massima divisione e della sera B e Lega. E’ improrogabile che si vada verso una riforma del sistema; che si imponga una diversa marcia, cominciando con il mettere i paletti alle squadre italiane con l’acquisto di atleti stranieri, con il potenziare i vivai delle singole club che sono il vero motore per le nostri nazionali. E’ dunque l’occasione per fare una rifondazione del calcio italiano; e la batosta che abbiamo preso dal Costa Rica e dall’Uruguay che complessivamente hanno tanti abitanti quanto la Lombardia deve essere gestita nella misura in cui ci deve dare le indicazioni per uscire dallo stallo e avere la forza di porsi all’attenzione mondiale nella posizione che spetta per tradizione e storia. “Signori, così non va”.. avrebbe detto Crozza. Ed è davvero così..; voltiamo pagina e che la delusione avvertita con questa seconda esclusione ci porti verso altri traguardi.

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