L’infibulazione, l’urlo di Ipazia

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Londra – Perché l’urlo di IPAZIA? Perché IPAZIA è il sogno! Il sogno della donna che chiede spazio e rispetto per aprire tempi nuovi, non solo per sé, ma per tutte le figure messe ai margini dell’esistenza. Un sogno urlato, messo, però, a tacere perché la storia non tollera la voce dei martiri.
Una volta muore SOCRATE, una volta CRISTO, una volta IPAZIA, una volta GANDHI, poi… poi ancora…

IPAZIA è armonia perché in un mondo che andava discordandosi sulla base di convincimenti nichilistici e relativistici, che annientavano visioni unitarie e alimentavano pericolose derive particolaristiche se non individualistiche, lei e solo lei è rimasta, in tutta la sua vita temporale, perfettamente in accordo con l’anima platonica, con l’anima plotiniana, con l’anima ellenica, con l’anima della sua razza, con l’anima di suo padre che fu, al tempo stesso, anche suo maestro.

…MA IPAZIA DOVEVA MORIRE !!!

Troppo intelligente, troppo colta, troppo bella, troppo libera da partiti o fazioni, troppo ingombrante per i due poteri antagonisti, quello ecclesiastico e quello imperiale, troppo autorevole, troppo illuminata e sapiente per essere solo e semplicemente… una donna!
Folle, IPAZIA, ma per una follia tutta erasmiana che spinge a conformarsi con quell’ordine ideale che Leibniz, in seguito, identificherà con “l’armonia prestabilita”, propria della natura delle cose, così come preordinato dall’unica entelechia increata.

IPAZIA ha saputo guardare lontano, oltre il tempo e lo spazio, fino a dare il senso esatto e la portata della denuncia di chi, come Chomsky, parla di “fabbrica del consenso”, ossia la subdola modalità con cui ogni tipo di potere tenta di costruire l’uomo a sua immagine e somiglianza, per zittirne la voce e la coscienza.

Allo stesso modo, Marcuse parla di uomo unidimensionale e Baumann di “vita liquida”, come dire, sempre solerti, pedissequamente, a lasciarci plagiare da tutto ciò che induce a comodi disimpegni mentali e a conseguenti esistenze “inautentiche”.

Così Ipazia diventa il momento ispiratore del mio dissenso e della mia lotta, modesta ma
persistente, contro un crimine terrificante che desta, più di ogni altro, nel profondo del mio animo, un’inquietudine assoluta: l’infibulazione

Immagini orrende per esplicitare una parola orrenda, messa, però, al bando, con l’alibi che potrebbe ingenerare turbamenti, quasi fosse sconcia, indecente, oscena. Parola, in realtà, scomoda e quindi da evitare per scongiurare fraintendimenti politici, interreligiosi, culturali, antropologici, sociali.
Ne consegue un silenzio da profondità e vuoti cosmici, nel quale, mai d’accordo tra loro, trovano finalmente un punto d’intesa, la filosofia, la morale, l’etica, la scienza, il diritto positivo, il giusnaturalismo, la sociologia e soprattutto ogni ideologia politica e ogni confessione religiosa, in primis quella cristiano-cattolica, che presumibilmente considera il fenomeno come “pietra d’inciampo” e come tale non omiletico.
Nessuno profferisce parole su un crimine dalla ferocia inaudita, se non in forma sporadica e magari anche con frasi di ferma condanna, tanto per mettere a tacere la coscienza, e con quell’aria di severo atteggiamento, nel volto e nelle parole, dettato dalle circostanze, più che da un vero sentimento di rabbia e di condivisione. Così il fenomeno resta ai margini della conoscenza, del dialogo, di possibili strategie risolutrici, opportunamente relegato, a nostra discolpa, in reconditi e arcani ambienti tribali, all’interno dei quali riteniamo, a torto, che ogni ingerenza fisica, culturale o pedagogica ,sia impossibile ed inefficace.

Tutti pronti ipocritamente a schierarci contro ogni forma di violenza e di razzismo quando si tratta di semplici emissioni di “flatus vocis”, ma tutti altrettanto pronti, nel concreto, a fare ricorso a mistificazioni di stampo lombrosiano o a legittimare le esplicite elucubrazioni di tal “monsieur” Gobineau.

Mi crea un notevole fastidio intimo dovermi soffermare su dettagli che, partendo dall’aspetto
semantico, arrivino alla descrizione dell’“intervento”, vero e proprio, ma le denunce necessitano di verità, per quanto esse possano tristi e inquietanti. Il termine infibulazione deriva dall’ espressione latina “in fibula” (fibula significa fibbia o spilla) che porta direttamente al concetto di cucitura. Si tratta, in sostanza, della cucitura dei genitali femminili, dopo averne mutilato una parte con un coltello o con un coccio di vetro o, nel migliorie dei casi, con una lametta. Ovviamente, in una condizione totalmente settica, senza alcun anestetico e senza un minimo accorgimento per i conseguenti stati emorragici. Resta aperto solo un piccolo foro per l’uscita dell’urina e del sangue mestruale.
La bambina, vittima di una delle peggiori perversioni della logica maschilista, sarà “scucita” all’atto del matrimonio per essere “ricucita” nuovamente, qualora si verifichino certe condizioni.
Con il corpo e la psiche martoriati, la donna non sarà mai più tale e, cancellati per
sempre, sogni e aspirazioni, vivrà come oggetto, al servizio delle attenzioni dell’uomo, ogni volta che la turpe concupiscenza maschile farà sentire le sue bramosie bestiali.

USI TRIBALI? FENOMENI SPORADICI?
NO!NO!NO!NO!NO!

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno sarebbero due milioni le bambine o
ragazze infibulate, mentre si stima che nel mondo ci siano in totale, almeno 135 milioni di donne che abbiano subito l’orrenda mutilazione. Il fenomeno, purtroppo, si verifica su vasta scala perché si pratica abitualmente in molti Paesi africani, in alcune zone della Penisola arabica e dell’Indonesia e in molte comunità di immigrati sia in Oceania che nelle “civilissime” Europa e America.
Non addossiamo all’Islam le colpe che non ha, solo per alleggerire le nostre coscienze o i sensi di colpa: l’infibulazione è un’usanza preislamica che risale addirittura all’epoca dei faraoni. Il Corano e la Sunna, a saperne fare una corretta esegesi, condannano in modo assoluto e categorico tale pratica e il Profeta dell’Islam insegnò agli uomini ad avere il massimo rispetto per la donna, anche nei momenti intimi. Pertanto, scagliarsi contro la religione islamica, significa solo sprovvedutezza culturale e un modo semplicistico di porre a tacere la questione. Per evitare possibili fraintendimenti, credo sia opportuno precisare che io sono da sempre un cattolico praticante.
La verità è che dietro un dramma immane c’è non solo la prevaricazione di quel maschilismo o egoismo su basi misogene, un cancro mai estirpato dalla storia, ma anche e soprattutto, silenzi e indifferenze che evitano di pregiudicare o intralciare il “lavoro” delle diplomazie internazionali, chiamate ad intessere la sottile e sempre precaria rete di relazioni politico-economiche.
Intanto la donna “muore” su un calvario che la stessa politica femminista non ha nemmeno scalfito: si è trattato di un movimento strumentalizzato da impropri accostamenti ideologici, rivolto a donne borghesi figlie di un mondo borghese che lottava platealmente per sé, ma mai in modo sostanziale per il pianeta-donna, per l’altra metà del cielo nella sua complessità, dove ogni singola donna èsintesi di corpo e mente, qualsiasi siano le dimensioni spazio-temporali.

Un colpo letale ai diritti della donna viene paradossalmente proprio dalla Gran Bretagna , patria di Amnesty International, là dove il Femminismo ha avuto i massimi momenti di gloria.

Il Regno Unito ha accettato di inserire ( sic!) nel suo ordinamento giudiziario la Sharia, così l’infibulazione diventa legittima e dilagante: ventimila casi ogni anno e nessuno batte ciglio. …
E l’Italia???
Regno Unito a parte, l’Italia, il Paese della Sinistra, della Destra, dei cento partiti, della Chiesa, degli ecologisti, degli animalisti, dei centri sociali, dei terroristi di estrema destra e di estrema sinistra, delle mafie, dei politici inetti e corrotti, ebbene, questa Italia ha il triste primato in Europa per la pratica della infibulazione tra le comunità immigrate.

Che angoscia !
Quante parole inutili!
Quante lotte fatte di niente e per niente! Quante verità relative fatte passare per verità assolute!
Tutto come sempre!

Il debole patisce e la donna resta un bersaglio prediletto. Capisco che il dramma è troppo
vasto per un voce debole come la mia ; servirebbe la voce di papa Francesco, del Dalai Lama, di Obama, della buona volontà di tutti i potenti della terra, di un risveglio delle coscienze in ognuno di noi, ma capisco pure che tutto questo non succederà mai.

Per quanto mi riguarda, ho acceso una fiammella ed è importante mantenerla in vita, perché un giorno, forse, potrebbe succedere che il vento della giustizia soffi nel giusto verso e quella fiammella si trasformi in un sole catartico e rigenerante.

P:S: Accetto ogni eventuale critica, ma, per favore, non rispondete il solito “mi piace” o “apprezzo l’iniziativa; voglio un “urlo” forte e continuo che non dia tregua al disinteresse della cultura, della politica, della religione e dell’opinione pubblica.

GRAZIE A NOME DI TUTTI I MARTIRI DELLA STORIA.
REM TENE VERBA SEQUENTUR !

Prof. Antonio Filizzola

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1 Commento

  1. pratica barbara e incomprensibile. visto programma ieri sera e rimasta turbata nel profondo, comprendendo che le ragioni di tutta questa sofferenza femminile sono solo in funzione dell’accettazione dell’altro sesso. La cosa più sconvolgente è che la pratica viene portata avanti dalle donne, le stesse che l’hanno subita… direi che una forma di violenza simile non ha uguali ….

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