Si deciderà mercoledì a Roma il destino di centinaia di lavoratori

1
662

Pescia – Se sarà un pesce d’aprile o la triste realtà lo sapremo mercoledì, quando a Roma è previsto un incontro tra Comifar e sindacati, da cui dipende il futuro di centinaia di lavoratori sparsi in tutta Italia e, tra questi, anche le 10 dipendenti del call center della filiale di Castellare (5 full time e 5 part time). Il rischio che l’azienda apra una procedura di mobilità è più che concreto, ma i vertici locali hanno fatto riferimento anche a trasferimenti a Roma, orari ridotti e cambio di mansioni.
Il gruppo Comifar è il principale distributore di farmaci in Italia. Nata a Milano nel 1944 (la sede è dal 1992 a Novate Milanese), l’azienda possiede oggi 31 unità distributive in tutta Italia, delle quali tre in Toscana: Pisa, Grosseto e Pescia. In quest’ultimo caso la superficie del magazzino è di 3.600 mq (il più grande della regione) e vi sono impiegate 75 persone, delle quali 10 nel call center. Il fatturato a livello nazionale è stato nel 2008 di 2.306 milioni. Dal 1996 la Comifar fa parte del gruppo internazionale Phoenix Pharmahandel.
Per arginare la crisi cui sta andando incontro il gruppo, l’azienda ha varato un piano che vedrebbe, per ciò che riguarda la Toscana, farne le spese oltre al call center di Pescia, il magazzino di Pisa, dove per i 14 dipendenti si profila la cassa integrazione straordinaria per un anno. Tutto il lavoro della sede pisana verrebbe spostato a Castellare, ma assieme all’attività non si muoveranno invece i dipendenti. Anzi, anche a Pescia è in corso una riorganizzazione del lavoro.
A oggi la proposta dell’azienda prevede la chiusura del call center pesciatino (così come di tutte le simili strutture sul territorio nazionale, con concentrazione dell’attività nelle sedi romana e veneta) e, conseguentemente, il reintegro di quattro lavoratrici in altri ambiti (una nel settore omeopatia, tre a occuparsi dei resi e dei reclami delle farmacie di zona), mentre per altre due scatterebbe il trasferimento a Roma. E, a parte queste ultime (un provvedimento che sa molto di licenziamento, vista l’evidente impossibilità di lasciare la famiglia), niente ancora si sa delle rimanenti quattro dipendenti.
«Se l’azienda dovesse aprire la mobilità – spiega Aniello Montuolo, Fisascat Cisl – i lavoratori legati alla Comifar di tutta Italia sarebbero a rischio e gli esuberi potrebbero toccare anche Pescia. Per noi, in una struttura così importante, si tratta di un problema costruito e strumentale, perché una soluzione potrebbe essere trovata».
«Abbiamo già chiesto – aggiunge Luisella Brotini, Filcams Cgil – l’applicazione della riduzione del lavoro come previsto dal contratto nazionale del commercio. Per esempio si potrebbe passare dalle 40 alle 38 ore settimanali, assorbendo 72 ore di permessi».
Tra le proposte dell’azienda attese dai sindacati c’è anche l’incentivo all’esodo, che potrebbe consentire uno scivolamento volontario verso la pensione da parte di qualche lavoratore del magazzino, ma si parla comunque di un massimo di tre persone. E, prima di tutto, la Comifar dovrebbe considerare magazzino e call center un corpo unico, per poter gestire al meglio l’emergenza.
David Meccoli

Articolo precedentePapi, «Al Bocchetto un’area di stoccaggio»
Prossimo articoloStadio, il Cgc sceglie il silenzio

1 Commento

  1. Scrivo in merito che la cosa che dice la luisella brotini riguardo ai permessi delle 72 ore le abbiamo chieste noi della cisl e diro’ di piu’ i cari colleghi dela cgil quando abbiamo fatto questa proposta hanno storto il naso finisco qua’ il mio sfogo perche se no’ avrei altro da dire.

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here