Le navi che hanno scoperto il mondo

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I loro nomi sono Santa Maria, La Boussole, Golden Hind, Tara… In comune hanno la scoperta di nuove terre, l’attraversamento di nuovi mari, il superamento di nuovi limiti dell’orizzonte umano… Senza di esse, Cristoforo Colombo non avrebbe trovato l’America; La Pérouse non si sarebbe avventurato nelle isole del Pacifico; Francis Drake non avrebbe affrontato il giro del mondo; Jean-Louis Étienne non avrebbe portato a termine le sue esplorazioni scientifiche in Antartide… Queste e altre imbarcazioni sono le eroine dell’albo

Barche che hanno scoperto il mondo, tutto illustrato dai meravigliosi acquerelli di Jean-Benoît Héron. Navi fenicie, drakkar, caravelle, galeoni, golette: attraverso i ritratti di venti imbarcazioni leggendarie, Héron racconta la storia delle esplorazioni marittime, portando il lettore a bordo delle barche dei grandi esploratori e condividendo con lui la vita di avventurieri dei mari come Vasco da Gama, Willem Janszoon, Joshua Slocum o Thor Heyerdahl.

La conquista delle nuove rotte marittime illustrata da Héron parte dall’antica Grecia, attraversa il Medioevo e prosegue nei secoli seguendo le avventure nautiche che hanno scritto (e cambiato) la storia. Data fondamentale: lo sbarco in America nel 1492 della Santa Maria di Cristoforo Colombo, di cui seguiranno la scia la Victoria di Magellano, prima barca a vela a circumnavigare il globo; e la Grande Hermine, la caracca con cui, risalendo il San Lorenzo, Jacques Cartier scoprirà Québec e, spingendosi ancora più in là, arriverà nel sito di Mount Royal, la futura Montréal.

Sarà il secolo dei Lumi a rivelarsi fondamentale per le esplorazioni scientifiche. Come dimostrano i viaggi della fregata La Boudeuse di Louis-Antoine de Bougainville, salpata da Saint-Malo nel 1766 verso il Pacifico con la sua squadra di naturalisti a bordo; o della Boussole di JeanFrançois de La Pérouse, partita da Brest per il suo ultimo viaggio nel 1785, individuata dopo il disastroso naufragio dall’Astrolabe di Dumont d’Urville. O, ancora, l’Endeavour (in basso a destra, all’ancora a Poverty Bay, sulla costa est dell’isola nord della Nuova Zelanda, non lontano dall’attuale Gisborne) di James Cook: partita da Plymouth, Inghilterra, nell’agosto del 1768, diventerà, con l’approdo il 29 aprile 1770 a quella che è oggi conosciuta come Botany Bay, la prima nave europea a raggiungere la costa est dell’Australia.

Dalla Beagle, l’ex corvetta trasformata in nave da ricerca nel 1825, a bordo della quale Darwin comincerà a interrogarsi sull’evoluzione delle specie, fino alla Tara dei nostri giorni, la goletta oceanografica appartenuta, col nome di Seamaster, al grande velista e navigatore Sir Peter Blake, sfilano infine le protagoniste dell’epoca moderna. Ma l’avventura non si ferma, perché da sempre l’uomo è spinto dall’insaziabile curiosità di scoprire il mondo. È questa la linfa vitale che ancora oggi nutre i grandi navigatori. Non soltanto dei mari.

LAURA ZANGARINI, da “La Lettura – CorSera”

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