Ru486, scomunica per chi la usa e per chi la fa usare

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Monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Academia pro Vita, è stato chiaro, anzi, chiarissmo. L’uso della pillola in questione comporta la scomunica per le donne che vi fanno ricorso così come per i medici che l’hanno prescritta perché la sua assunzione è analoga a tutti gli effetti dell’aborto chirurgico. “Dal punto di vista canonico è come un aborto chirurgico. L’assunzione della Ru486 equivale ad un aborto volontario con effetto sicuro, perché se non funziona il farmaco c’è l’obbligo di proseguire con l’aborto chirurgico. Non manca nulla. Cosa diversa è la pillola del giorno dopo, che, pur rivolta ad impedire la gravidanza, non interviene con certezza dopo che c’è stato il concepimento. Per la Ru486, quindi, c’è la scomunica per il medico, per la donna e per tutti coloro che spingono al suo utilizzo”.
Ricordiamo che ieri dopo una riunione durata più di quattro ore è arrivatoil via libera a maggioranza (quattro contro uno) dall’Agenzia italiana del farmaco alla pillola abortiva.ù
Il Governo tramite il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella aveva espresso preoccupazione.

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  1. RU 486 un’opportunità per cambiare la legge 194

    di Achille della Ragione

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    In ritardo di anni rispetto al mondo civile anche nella farmacopea italiana è stato registrato lo RU 486, il discusso prodotto che induce l’aborto per via farmacologica. La Chiesa si è letteralmente scatenata, facendo ricorso tra i tanti anatemi, anche alla scomunica, dimenticando che l’Italia è un paese laico e facendo somigliare il nostro paese all’Iran di Khomeini o all’Afganistan dei talebani, ma non è di questo che vogliamo parlare, bensì di alcuni argomenti fondamentali dei quali la stampa, impegnata nella consueta diatriba tra laici e cattolici, non ha trattato e sui quali viceversa è necessario meditare.

    a) Il farmaco va assunto entro la settima settimana di gestazione, per intenderci quando la donna ha pochi giorni di ritardo e si è appena accorta della gravidanza, mentre la legge prevede tutta una serie di ostacoli burocratici, dalla riflessione di sette giorni ai colloqui ed alle analisi, che costringono la paziente spesso vicino al limite dei tre mesi, in ogni caso costantemente oltre il periodo nel quale il farmaco è efficace. Senza un cambiamento della normativa vigente sarà come discutere sul sesso degli angeli.

    b) Il prodotto ha un costo di pochi euro e potrebbe far risparmiare allo Stato i circa 2000 euro che rappresentano il costo di un’interruzione di gravidanza in ospedale, essendo del tutto inutile il ricovero della donna per tre giorni fino al completamento dell’espulsione del materiale abortivo.(In nessuno dei paesi dove lo RU486 è adoperato si usa questo protocollo).

    c) Il vero effetto scatenante dell’aborto è dato dalla dose di prostaglandina che viene somministrata dopo due giorni, basterebbe questo farmaco, eventualmente associato ad un contratturante uterino ad ottenere lo stesso risultato, come il sottoscritto ha dimostrato da quasi venti anni, pubblicando i risultati su riviste scientifiche internazionali. (Per chi volesse approfondire l’argomento da pag 75 http://www.ilpungolo.com/e-book/EBK0020.pdf

    d) Il gravoso problema dell’obiezione di coscienza tra il personale medico e parasanitario, che assilla e paralizza tanti ospedali, sarebbe alleviato da tale metodica, perché è ipotizzabile che le donne possano da sole introdursi in vagina le candelette di prostaglandina e finalmente dell’aborto non dovrebbero più interessarsi legislatori e preti, medici ed assistenti sociali, facendo sì che questa scelta, difficile e quasi sempre dolorosa, riguardi unicamente la donna e la sua coscienza.

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