
Oggi pomeriggio l’avvocato Claudio Salvagni, difensore di Massimo Bossetti, ha pubblicato sul suo profilo facebook un post che italynews.it ha deciso di copiare integralmente perche’ e’ un post che illustra chiaramente come si e’ svolto il proccesso, con quali prove si e’ arrivati alla condanna definitiva. Ma sopratutto con quali decisioni si e’ arrivati a dichiarare Massimo Bossetti colpevole del delitto d Yarga Gambirasio.
ECCO IL POST
“Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare.” (Eraclito)
Molti mi chiedono di fare un po’ di chiarezza sulle confuse notizie giornalistiche circa gli ultimi sviluppi del processo a Massimo Giuseppe Bossetti che, sebbene giunto nel 2018 a sentenza definitiva, ha lasciato aperti numerosi interrogativi sulla correttezza della indagine genetica.Ho impiegato un po’ a scrivere questo post ma era necessario essere precisi nei riferimenti processuali.
Occorre, però, prima di affrontare l’ultimo capitolo della vicenda, fare il riassunto delle puntate precedenti.Andiamo con ordine.Massimo è stato arrestato nel giugno del 2014 sulla base di una imponente (almeno così è sempre stato affermato dagli inquirenti) indagine genetica che aveva portato alla individuazione del possessore di un DNA praticamente identico a quello ritrovato su slip e leggings della povera Yara.
Praticamente, nessun altro indizio a carico dell’allora indagato se non elementi suggestivi a volte piegati all’abbisogna per farli coincidere con le tesi accusatorie (leggasi: furgoni (tarocchi)…. Fibre (totalmente diverse) … indagini pedo (inesistenti)…).
Nel febbraio 2015, viene comunicata la chiusura delle indagini e, da quel momento, il fascicolo diventa visibile alla difesa che può, finalmente, studiarlo e, così, venire a conoscenza che, quella che era stata “venduta” come l’inchiesta del secolo era, in realtà, caratterizzata da una serie di errori clamorosi, sviste, leggerezze e, quindi, di una approssimazione incredibile.
Ma, tant’è! Ciò è, comunque, bastato per giungere ad una condanna definitiva di ergastolo. Ma, questa è storia recente.
Tornando all’anno 2015, dallo studio delle carte è emerso, sin da subito, qualcosa di incredibile riguardo a quel DNA, denominato Ignoto1 e che gli inquirenti intendono attribuire con certezza a Massimo Bossetti, ossia la totale assenza del DNA mitocondriale proprio di Massimo Bossetti!
Non si intende ora tornare ora su questo tema, sono anni che lo scontro è accesissimo sul punto ed è sempre stato stigmatizzato dalla difesa fino ad esaurimento energie. Basti, però, ricordare che il sotteso “problema” scientifico, problema che avrebbe dovuto avere necessariamente una risposta laddove si volesse ritenere quella attribuzione corretta, è rimasto senza soluzione e ciò semplicemente perché lo si è definito un “non problema” (meglio non vedere ciò che porta ad una verità differente da quella che si vorrebbe!), accontentandosi di un dato evidentemente contraddittorio, impossibile in natura, spacciandolo, ciò nonostante, come verità oltre ogni ragionevole dubbio.
Operazione indegna per un Paese civile, moderno e laico, dimentico, però, di essere stato la culla del diritto e del sapere.
A margine, non può non rammentarsi come il Prof. Peter Gill, unanimemente riconosciuto come luminare della genetica forense, con la potenza del ragionamento scientifico privo di condizionamenti, intervenendo ad un convegno proprio sul DNA, ha espresso tutte le sue perplessità sulla bontà dei risultati offerti, in tema di prova genetica, nell’ambito del processo Bossetti, giungendo a ritenere scientificamente preferibile la tesi difensiva.
Quindi, l’errore!
Nell’aprile 2015, dopo circa due mesi dalla chiusura delle indagini (tempo nel quale il team difensivo ha dovuto studiare gli atti di indagine contenuti in circa 60.000 pagine!), si è tenuta l’udienza preliminare.
In tale sede, per la prima volta, è stata avanzata dalla difesa richiesta di incidente probatorio finalizzato all’effettuazione di una perizia sul DNA, proprio alla luce delle molteplici anomalie già individuate attraverso una semplice (ma critica) lettura dei dati offerti dall’accusa. Se, solo leggendo le varie consulenze sul DNA prodotte dall’accusa, sono state evidenziate dai consulenti della difesa ben 261 anomalie (utilizzo di kit scaduti, mancanza dei controlli positivi, mancanza dei controlli negativi, mancata ripetizione…) negli esami condotti sui campioni del DNA denominato Ignoto 1, individuato su slip e leggings della vittima, non si fatica ad immaginare a quale stravolgimento di risultati si sarebbe potuti pervenire con un esame su quel DNA, condotto alla presenza della difesa e con l’osservanza delle best practices internazionali in tema di indagine genetica.
Oggi ancor più di allora, considerando le più avanzate tecniche disponibili!La richiesta di perizia veniva rigettata in quanto: “con la stessa si tende o a riprodurre l’analisi di materiale biologico che è stato già oggetto di esame … peraltro richiamando in causa il DNA mitocondriale che è noto non svolge funzione di individuazione del soggetto che ha lasciato la traccia biologica…”.Riprodurre l’analisi di materiale biologico… Certamente si!
Perché non facciamo un atto di fede!DNA mitocondriale che, come noto, non svolge funzione di individuazione… Certamente, da solo non svolge funzione di identificazione, ma se non c’è, come si spiega?Il processo di primo grado, iniziato nel luglio 2015, non ha fatto altro che confermare la mancanza di giustificazioni scientifiche alla questione principale, ossia l’assenza del DNA mitocondriale di colui che era ritenuto “donatore” del DNA nucleare e la contemporanea presenza di altri due DNA mitocondriali (vittima e altro soggetto rimasto sconosciuto). Tale situazione, che normalmente avrebbe invalidato qualsivoglia attribuzione del DNA, avrebbe meritato una perizia super partes per sciogliere il nodo scientifico.
La richiesta di perizia veniva rigettata con una laconica motivazione: “l’approfondimento dell’istruttoria sul punto palesa come non decisivo ogni ulteriore accertamento”.Di fronte alla alternativa se far vivere o morire una persona (perché, di questo stiamo parlando) si è ritenuto sufficiente spendere una motivazione di una riga!La difesa avanzava, nuovamente, in Appello, richiesta di perizia, sottolineando, con forza, come detto strumento fosse l’unico in grado di risolvere l’enigma oltre ad essere l’unica possibilità oggettiva di difesa per l’imputato che continuava a dichiararsi innocente.Anche in tale sede, la difesa si è sentita opporre un altro diniego, questa volta con una motivazione con non attiene più alla “superfluità” di quanto richiesto ma all’esaurimento di quanto si sarebbe dovuto analizzare.
Infatti, così afferma l’Assise di Appello di Brescia: “quello che è certo, in ogni caso, è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazioni”.Occorre, però, tenere presente che durante il processo di primo grado, lo stesso consulente dell’Accusa, prof. Giorgio Casari, a precisa domanda sull’esistenza di campioni da analizzare, così, sotto giuramento, ha risposto: “Avendo preso incarico tutti i DNA, che abbiamo ancora in San Raffaele, quindi ovviamente questi sono a disposizione, li abbiamo ancora tutti, non abbiamo finito nessuna aliquota.
Quindi tutto quello che noi abbiamo usato negli stessi tubi c’è ancora materiale per ulteriori indagini volendo”. (udienza del 20.11.2015)Delle due l’una: o c’erano ancora campioni come affermava Casari in primo grado o erano esauriti come affermato dall’Appello per non concedere la perizia!Esisteva ed esiste un’altra possibilità per Massimo di dimostrare la propria estraneità al terribile omicidio che gli viene contestato?
Come è evidente, assolutamente no!
O gli viene concesso di esaminare quel DNA (e, finalmente, smascherare l’errore, ammesso che di errore si tratti) o non vi sono alternative al carcere a vita.Ancora una volta, anziché preferire la ricerca della verità ad ogni costo (anche quello di ammettere la fallibilità dei “primi della classe”) si è preferito, con medioevale atteggiamento, chiedere all’imputato un atto di fede (devi fidarti del lavoro svolto dal RIS svolto senza controllo né contraddittorio) negando la perizia.In Cassazione, nuova richiesta della difesa di perizia con medesimo risultato.
La Suprema Corte ha ritenuto corretta la pronuncia dell’Assise bresciana, ossia, lo si ribadisce, nessuna perizia poteva essere concessa perché non vi erano più reperti da esaminare!!!Questa la sintesi di come è stata trattata la cd. prova regina nel processo Bossetti.
Nessuno spazio alla difesa che ha dovuto accettare la pervicace ed incredibile chiusura verso tutte le istanze tese ad accertare la verità.Inaspettatamente, in data 29.11.2019 con un “V° si autorizza quanto richiesto” il giudice dell’esecuzione di Bergamo autorizzava la difesa ad effettuare proprio tutte quelle attività che erano state vanamente invocate per tutti i gradi di giudizio, il giudice disponeva che tutti i reperti ed i campioni di DNA fossero adeguatamente conservati e ne fosse inibita la distruzione.Immediatamente, il detto provvedimento veniva notificato a Procura della Repubblica ed Ufficio Corpi di Reato.
Pochi giorni (due!) e la Procura della Repubblica chiedeva la confisca di campioni, reperti e di tutto quanto in sequestro. La confisca veniva, quindi, disposta dal GE con un limite ben preciso, tutti i beni andavano “mantenuti agli atti non apparendo opportuno, allo stato, provvedere alla restituzione o alla distruzione delle cose in sequestro”.Il provvedimento era (giustamente) coerente con quanto precedentemente disposto, non avrebbe avuto senso distruggere ciò che doveva essere sottoposto agli esami autorizzati.
Mancava, a questo punto, solo conoscere le “modalità operative” per l’effettuazione delle analisi in questione ma quando queste sono state richieste (sempre al medesimo giudice che aveva poco prima autorizzato) INCREDIBILMENTE si è opposta una inammissibilità della domanda!
Quindi, nuova richiesta della difesa (… chissà, forse hanno capito male?!?!) e nuova inammissibilità.Non restava che rivolgersi alla Suprema Corte con un doppio ricorso.Siccome era stata disposta, come poco sopra detto, anche la corretta conservazione dei reperti (gli unici che avrebbero potuto scagionare Massimo Bossetti) è stata avanzata ulteriore istanza per conoscere come e dove questi reperti venivano conservati.Altra inammissibilità! Sembra incredibile ma è così e, siccome, al peggio non c’è mai fine, con successivi provvedimenti, il GE ha dichiarato nuovamente inammissibili le istanze difensive pur in presenza di altrettanti provvedimenti di annullamento della Cassazione.Altro inevitabile ricorso per Cassazione, altro annullamento.
In sintesi, quindi, la Suprema Corte ha annullato tutti e tre i provvedimenti di inammissibilità con pronunce che avrebbero stroncato qualsivoglia giudice ma non quello di Bergamo che non vuole nella maniera più assoluta che quei reperti vengano analizzati dalla difesa.
Che lì dentro si celi qualcosa di molto grave è ormai evidente e, proprio per questo, la difesa non smetterà mai di pretendere ciò che diritto sacrosanto di ogni uomo, potersi difendere!Sono stati presentati altri due ricorsi, così arrivando all’incredibile numero di cinque, per ottenere quella perizia che era già stata chiesta sin dall’udienza preliminare nel 2015, atto del tutto normale in qualsivoglia processo “normale” ma quello contro Massimo Bossetti non è un processo normale.
Perché?!
La risposta è intuibile.
Il prossimo 7 aprile la Corte di Cassazione si pronuncerà nuovamente.Orbene, in chiusura, una breve riflessione anche se i dati esposti parlano da soli.
Se, subito dopo l’autorizzazione, si fosse proceduto ad eseguire quanto autorizzato, in breve tempo si sarebbe giunti alla chiarezza sempre invocata dalla difesa e, personalmente, anche da Massimo Bossetti.
Un uomo sarebbe stato tolto al carcere ingiusto e sacrosanti principi di civiltà giuridica, così bene espressi nei nostri libri di diritto, sarebbero stati riaffermati, questa volta nella pratica, restituendo al nostro sistema giudiziario un po’ di quella credibilità che ha ormai perso da tempo.
Non possiamo ora che confidare nella Cassazione.