
Allo Spazio Rossellini di Roma, polo culturale multidisciplinare della Regione Lazio gestito da ATCL, il 15 marzo 2022 alle ore 20.30, andrĂ in scena la Compagnia Ragli con CHI NIENTE FU (non dirĂ niente) di Giuseppe Pipino, con Dalila Cozzolino e la regia di Rosario Mastrota: uno spettacolo politico e poetico dedicato a tutte quelle esistenze desolate che acquistano voce e corpo, in un racconto corale intimo e raffinato.
Un palazzo senza intonaco, lontano dal centro di un piccolo paese del Sud e dalle vite che ne fanno parte. Un palazzo composto da tre appartamenti, in ciascuno una vita silenziosa.
Carmela abita il primo appartamento. Non cammina mai scalza, indossa sempre tre paia di calzini. Niente e nessuno riuscirebbe a vederle, toccarle, sporcarle i piedi. Ha paura di rovinarli, i suoi bei piedi. Sua madre glielo ripeteva sempre: “Attenta ai piedi!”. I piedi, un grande privilegio nella sua famiglia, un altrettanto grande senso di colpa. Avere i piedi costringe all’inerzia, alla solitudine, alla paura di fare passi verso la vita, per un’intera vita. Ma un giorno Carmela comincia a correre.
Per Marino, che abita il secondo appartamento, il mondo, ormai, è finito. Così lui sostiene davanti alla sua platea di bigodini, dove vorrebbe esibire la sua libertĂ mostruosa ma fallace. Perdere una persona è perdere il mondo, perdere qualcuno è la fine del mondo. Esiliato dalla sua famiglia dopo uno scandalo legato alla “bestia di femminilitĂ ” che si porta dentro piegandogli le gambe, incurvandogli la schiena, modellandogli i gomiti, Marino vorrebbe tornare nella sua vera casa, ma per strada nessuno gli parla, tutti lo guardano solo dopo il suo passaggio. E ridono un po’.
Elvezia vive nell’ultimo appartamento. Dal 6 maggio 1942, non vede l’altra parte del cielo, non ha visto metĂ della guerra, nella disperazione ammutolita davanti ai bombardamenti. Non vede piĂ¹ l’altra parte, solo una, solo una metĂ . I rumori allora si fanno piĂ¹ grandi, occorre dare loro un nome. Tutto quello che sta dall’altra parte, che sfugge alla sua vista, tutto quello che le corre di lato prima che possa voltarsi, non ha forma, ma un nome sì. E un giorno Elvezia scopre il nome del rumore nel petto: vede l’amore. Lo vede, ora, per intero.



