I media come autocompiacimento e auto proclamazione del diritto privato

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La rappresentazione di se stessi davanti alla società: l’Io innanzi tutto, in una sorta di teatro, di spettacolo in cui, alla fine, chi vince è sempre l’ “Io”, proprio l’“Io”, ossia la proclamazione del proprio edonismo e della propria personalità, a danno (naturalmente) di quella degli altri. E’ questo il filo conduttore che a pare mio si sia sbrogliato in questa settimana e che invece dovrebbe far pensare, per porre rimedio a una situazione davvero divenuta paradossale. Si può mentire al punto da non riconoscere neppure l’evidenzadei fatti? Si può, soprattutto dire il falso, avendo la convinzione che, nello stesso momento in cui diciamo le cose sappiamo noi stessi, nel nostro intimo, nella nostra coscienza, che i  fatti si sono svolti in tutt’alta maniera da come li stiamo raccontando? Domanda retorica, eppure… sembra una recita secondo copione.

E’ quando è avvenuto nel caso dell’ultimo dramma familiare che si è consumato in una cittadina in provincia di Taranto e che, per intere settimane, è stato dato in pasto alla nazione, raccontando smentendo quanto l’uno dichiarava e l’altra invece negava il perfetto contrario.

Si diceva della rappresentazione di se stessi, al fine di ottenere vantaggi di carattere privato o personalistici  o (peggio) ancora in difesa della proprio gang o banda. Quando ci va di mezzo l’occhio telematico della camera che propaga e diffonde le immagine, succede qualcosa di strano nella psiche delle persone: come se di colpo, solo per il semplice fatto che si sono accesi attorno a noi i riflettori, ci sentiamo importanti, protagonisti della nostra storia e di quella degli altri, quasi onniscienti al punto che possiamo, noi, decidere se una partita di calcio debba o no disputarsi regolarmente o peggio ancora se quella persona deve smettere di vivere perché, lasciandola libera potrebbe in qualche modo incrinare la reputazione del capo-gang o della famiglia.

Effetto mediatico che abbiamo notato fine dalla seconda Guerra mondiale, quando se l’operatore non seguiva un gruppo in una determinata azione militare, automaticamente significava che quello che sarebbero andati a fare quei soldati non era degno di nota. Si ragiona in termini mediatici. Il fatto, privato, scaraventato in prima serata e reso popolare per la gravità e la serietà di chi l’ha commesso, quando in effetti chi l’ha compiuto.. e l’ha consumato intendeva soltanto dirimere (sbagliando) una questione puramente e prettamente familiare. Che senso ha assistere alle confessioni davanti alla cinepresa, prima che ancora dal magistrato; oppure le controversie politiche, i confronti e gli sconti., invece delle aule del Parlamento o nei forum politici, si tengano negli studi televisivi. Storie personali di drammi più o meno piccoli che fanno questa medesima fine.

Al di là di tutto, mi pare che si sia perso un senso civico importante per la convivenza pacifica degli individui in questo stato. Tutto deve apparire e deve far spettacolo, come se la televisione sia quel mostro a tre teste sempre vorace, che ha bisogno costantemente di mangiare per saziare la propria fame.

Continuando in questa maniera si finisce con il dare degli esempi e del messaggi negativi alle nove generazioni che si sono abituate a destreggiarsi a fare i conti con l’odio, con l’invidia, con la violenza a danno invece di tutte quelle caratteristiche cui dovrebbero essere improntate le civiltà moderne se hanno intenzione di continuare a esistere sulla faccia della terra. Si sa che con la violenza non si va lontani. Eppure siamo sui livelli della violenza; si sa che l’odio porta ala divisione, all’incomprensione, all’alzare muri di incomunicabilità, eppure costantemente lo facciamo, ne diamo questo tipo di insegnamento.

Quando avverrà allora il periodo della concordia? Della pace, dei valori cosiddetti positivi che ogni civiltà ha conservato nel suo cuore ma che sono stati invece soffocati o scartati dalla virulenza degli episodi negativi? La logica della televisione di osannare e salutare il proprio Io, a danno del Tu, deve essere invertita; la si deve con forza annientare e sconfiggere.

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