Dopo 25 anni compare davanti alla giustizia per il genocidio in Rwanda

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Fabien Neretsé fa il suo ingresso al palazzo di giustizia di Bruxelles, dove verrà processato per la sua partecipazione al genocidio in Ruanda.

Nega qualsiasi coinvolgimento nei fatti a lui attribuiti, in primis di aver partecipato all’omicidio di tredici persone. E’ infatti accusato di averle denunciate alle milizie Hutu che le hanno uccise in seguito.

Ma su di lui pendono anche accuse di crimini di guerra e genocidio.

E per Eric Gillet, avvocato della parte civile, questo è il punto più importante.

“C’era un piano di sterminio dei Tutsi nel Paese. E questo piano è stato messo in atto. Proprio nel contesto di questo piano questa famiglia è stata uccisa, insieme ad altre che si trovavano in quel luogo nello stesso momento”.

L’avvocato difensore, Jeanh Flamme, nega sia l’esistenza di un piano premeditato sia i fatti.

“Ci sono stati atti di genocidi da entrambe le parti. ma il mio cliente non puo essere perseguitato per genocidio. Inoltre, è innocente e contesta tutti i fatti”.

Tra le vittime c’era una donna belga che è stata assassinata insieme al marito e alla figlia Tutsie.

Ed è stata proprio la tenacia di sua sorella Martine Beckers, che ha combattuto per 25 anni, a rendere possibile questo processo.

“La situazione non è di certo piacevole ma voglio che questa vicenda che termini in maniera dignitosa”, afferma.

Neretsé potrebbe essere condannato all’ergastolo, ma la sentenza non sarà nota fino alla fine di dicembre.

Fino ad allora, la giuria popolare ascolterà più di 100 testimonianze.

Si stima che 800.000 persone siano morte durante il genocidio in Ruanda nel 1994, la stragrande maggioranza faceva parte del gruppo etnico Tutsie.

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