La politica sbanda, gli Italiani suonino la carica.

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Lo ZOOM di Tommaso Soldi 

Da mesi suona sempre la stessa musica a livello politico e intanto la crisi economica che ha investito il panorama internazionale si fa sempre più sentire nelle famiglie Italiane. Circa un anno fa si parlava di possibili elezioni anticipate e oggi, a distanza di tempi non certo indifferenti, si discute di una maggioranza parlamentare risicata e di eventuali elezioni politiche. In un momento delicato e, direi, di estrema gravità, il parlamento è bloccato sullo stesso problema: fare cadere il governo o andare avanti. Non si affronta la questione secondo coscienza, sembra invece che la solita compravendita parlamentare prenda il sopravvento in nome di un senso, a loro detta, di responsabilità; sia da una parte sia dall’altra. Viene, allora, naturale domandarsi non se questo Governo e questa maggioranza ma quest’intera classe politica, sia in grado di adempiere il suo primo compito: la rappresentanza.

In tempi di crisi, si sa, è necessario stringere i denti e andare avanti, con sacrifici e rinunce. A oggi però non abbiamo mai visto una misura che riduca certi privilegi a una classe politica, o meglio, a una generazione di politici, che certamente hanno solo cambiato il repertorio linguistico con termini più economici in virtù della situazione, hanno modificato l’oggetto protagonista dei dibattiti, ma di certo non hanno avuto la capacità di cambiare il proprio stile di vita e comportamentale. Non è fallita la maggioranza ma questo tipo di politica, incentrata tutta e troppo su ritorni personali o di partito.

Un politico, come ogni cittadino, ha diritti e doveri, ma non è pensabile che certi privilegi vadano a sostituire quei doveri davanti ai quali nessuno può sottrarsi. Non è moralismo, è senso di legalità. Tuttavia non è rivoltandosi con violenza che si possono risolvere questi problemi, né verbalmente né con azioni aggressive prive di qualsiasi senso democratico e civile. È proprio della storia, e solo di quella ormai alle nostre spalle, il tempo delle rivoluzioni. Oggi serve un cambiamento di coscienze, di moralità e di eticità. È necessario che la società smetta di lamentarsi voltando le spalle a quello che, credo fermamente, sia un diritto e al tempo stesso un dovere: la partecipazione alla vita pubblica. Non dobbiamo delegare agli altri certe responsabilità assumendoci solo il compito di urlare e lamentarci quando questi sbagliano, dobbiamo invece essere partecipi in virtù di un bene comune che ha un valore di gran lunga superiore a quello dei conti propri. Forse è proprio il senso di un certo egoismo che ha portato questa società a chiudere gli occhi davanti a famiglie che non arrivano alla fine del mese, di fronte a piccole e medie imprese che chiudono e davanti a tanti disoccupati che vivono senza prospettive.

La prossima settimana potrebbe cadere il Governo così come potrebbe incassare una nuova fiducia prolungandosi fino al termine della legislatura. Il punto forse da valutare è se esista un’alternativa forte che possa Governare questo Paese o se siano presenti solo forze di opposizione certamente pronte a vincere le elezioni ma, in prospettiva, troppo deboli nelle alleanze per rimanere cinque anni al governo. Ognuno ha la sua corrente, ognuno il suo leader, tutti vogliono primeggiare. Ma l’unica cosa che realmente è prima a tutto e tutti dovrebbe essere la volontà di affermare il bene comune e il futuro della nostra Italia. I prossimi giorni, senza dubbio alcuno, determineranno le sorti dell’attuale Governo, affermando una delle due ipotesi. Forse però, sia in un caso, sia nell’altro, non arriverà l’ondata di freschezza che tutti aspettiamo. Che si vada alle elezioni, si formi un governo di larghe intese o si vada fino al 2013, non è detto che tutto si risolva. La risposta è semplice, in qualunque modo ci si avventuri la politica nazionale è strutturata nello stesso modo in cui è oggi, stessi leader e stessi volti. Lo dimostra quando tempo fa il parlamento discusse dei vitalizi e tutte le forze politiche, eccetto alcuni singoli deputati appartenenti a svariati partiti politici, votarono a favore dei loro privilegi senza ridurre in alcun modo ciò che li circonda. E allora possiamo cambiare colore politico nella bandiera che sventola a Palazzo Chigi, ma se non cambiamo le coscienze di chi vi siede per governare, se non siamo noi stessi i primi a partecipare alla vita pubblica, a quella Res Publica che non è solo la nostra Patria, ma anche la casa di tutti gli Italiani, non facciamo altro che cambiare una maschera teatrale ai soliti attori. Tutto questo, pensandoci bene, questa crisi generale, prima di tutto della politica, è caduta nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Se da un lato è un pensiero triste, dall’altro sia un monito: riscopriamo il senso della Patria e della nostra Italianità e insieme lavoriamo per un’Italia migliore.

Tommaso Soldi

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