
Londra – In Italia si parla molto di trasformazione digitale, ma troppo spesso ci si limita all’adozione di nuove tecnologie senza affrontare il nodo centrale: il cambiamento dei modelli mentali e organizzativi.
Molti progetti digitali avviati negli ultimi anni – dalla Pubblica Amministrazione ai servizi online per cittadini e imprese – rivelano una contraddizione di fondo: non basta introdurre piattaforme e procedure elettroniche se il modo di pensare rimane ancorato a logiche analogiche.
Il risultato è un digitale “a metà”, che spesso complica invece di semplificare, rallenta invece di accelerare.
Come ha sottolineato Fabrizio Paonessa nel suo articolo sul blog di Beppe Grillo “La Digitalizzazione è morta, inizia la Transizione Cognitiva , gran parte della digitalizzazione italiana consiste nel replicare online la burocrazia cartacea: moduli e pratiche vengono trasformati in PDF o pagine web, senza ripensare flussi, processi e ruoli.
La Pubblica Amministrazione è l’ossatura del sistema Paese. Se essa non compie una vero salto culturale nella gestione della conoscenza, dei processi e del rapporto con i cittadini – l’Italia rischia di restare al palo.
Paonessa evidenzia anche come il rischio sia sprecare i fondi del PNRR per costruire infrastrutture digitali che digitalizzano solo il vecchio, senza generare reale efficienza, trasparenza e qualità dei servizi.
Al contrario, una PA moderna e proiettata a fornire servizi in tempo reale sia verso i cittadini e le imprese, sia nel risolvere problemi, dovrebbe:
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diventare proattiva, anticipando i bisogni dei cittadini;
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usare dati e modelli predittivi per prevenire problemi (per esempio problematiche stradali, rifiuti o emergenze naturali);
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semplificare i processi complessi, come permessi edilizi, integrando intelligenza artificiale e automazione (presentare una pratica ediliza e pochi istanti dopo ricevere dai vari enti proposti la conformita’ alle regole vigenti e/o eventuali modifiche o risposta negativa);
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valorizzare la leadership e la cultura interna, formando dirigenti (dalle grandi citta’ ai piccoli comuni, in tutti gli enti periferici) capaci di leggere i dati e guidare sistemi adattivi.
L’Italia deve quindi fare un passo culturale e sociale. Senza questo passo, la digitalizzazione finora adottata rischia di diventare solo un archivio elettronico della burocrazia, incapace di produrre valore reale per cittadini e imprese.
D’altra parte, se la PA saprà abbracciare questo paradigma, l’Italia potrà beneficiare di servizi più efficienti, trasparenti e vicini ai bisogni reali della società.
A livello europeo oggi l’Italia si colloca al di sotto della media UE per quanto riguarda l’erogazione di servizi pubblici digitali a cittadini e imprese, raggiungendo un punteggio di 75 e 68, contro una media UE rispettivamente di 84 e 77.
Inoltre, i servizi pubblici digitali erogati presentano un punteggio ben al di sotto della media UE per quanto riguarda la trasparenza nell’erogazione dei servizi, nella progettazione e nella gestione dei dati personali, senza alcun progresso tra il 2021 e il 2022.
Ciononostante, la percentuale di utenti Internet che utilizzano servizi di e-Government si attesta al 76%, leggermente al di sopra della media UE del 74%.
Da ricordare che l’Indice dell’Economia e della Società Digitale (DESI) 2023, pubblicato dalla Commissione Europea, ha evidenziato che l’Italia si trova al 18° posto su 27 Stati membri dell’UE, con un punteggio di 49,3 su 100, inferiore alla media europea di 52,3.
Questo dato conferma indica che l’Italia, nonostante gli sforzi, non abbia ancora compiuto un reale salto cognitivo nella digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.
La sfida italiana non è introdurre più strumenti digitali, ma ripensare interamente mentalità, processi e organizzazione. Questa transizione è la condizione necessaria perché la digitalizzazione diventi effettivamente trasformativa.
Se la Pubblica Amministrazione non cambia paradigma, rischiamo di rimanere spettatori mentre altri Paesi avanzano nella gestione intelligente della conoscenza e dei servizi pubblici.
È una scelta che il nostro Paese non può permettersi di ignorare o posticipare.
Riccardo Cacelli
r.cacelli@uam-vertiports.com


