Da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riceviamo e pubblichiamo
Non è passato tanto tempo da quando sul mercato criminale delle droghe sono iniziate a circolare alcune sostanze stupefacenti, denominate come “droga dello stupro”, che annoverano tra le proprie “qualità” quelle di essere totalmente solubili nei liquidi e peraltro insapori ed inodori se sciolte in una qualsiasi bevanda.
La categoria ampia di quelle che comunemente in gergo vengono definite con il nome di “droga della stupro” comprende un’ampia gamma di sostanze psicotrope, che sono caratterizzate dai requisiti poc’anzi indicati e che sono in grado di agire sul sistema nervoso centrale come sedativi creando alle persone che la assumono amnesia, disinibizione e perdita di controllo.
Il termine è stato coniato proprio perché si è venuto a scoprire in conseguenza di una serie di denunce che provengono da ogni parte del globo e che si sono lette sulle cronache italiane già da qualche anno, che queste droghe vengono somministrate alle donne a loro totale insaputa da parte di malintenzionati che intendono approfittare di loro e che spesso sono riusciti nel proprio intento.
Tra i prodotti chimici più adoperati dai farabutti di mezzo mondo per questo tipo di aggressione sono la ketamina ed il gamma idrossibutirrato, meglio noto come GHB.
Proprio per le loro “doti” che potremmo definire di “invisibilità” tali sostanze sono difficilissime da scovare e quindi da debellare ed in quanto tale costituiscono uno dei più temibili pericoli nella platea dei più giovani, divenendo quindi delle vere e propria piaghe del nuovo millennio
Ma a questi mali, con l’impegno della scienza, a volte si può porre rimedio. È di qualche giorno, infatti, la notizia che un equipe di scienziati dell’Università di Tel Aviv avrebbe inventato un sensore in grado di riconoscere diverse di queste sostanze chimiche.
Il due ricercatori, Fernando Patolsky e Michael Ioffe, sono riusciti a realizzare ed in seguito a brevettare una specie di bacchetta assai simile a quella per mescolare il caffè, che può essere immersa in qualsiasi bevanda al fine di analizzare in tempo reale le sostanze in essa contenute. L’apparecchio che contiene un sensore al proprio interno, assorbe una goccia del liquido per effettuare una analisi colorimetrica. I composti chimici presenti al proprio interno a loro volta reagiscono alla presenza di una determinata sostanza, in questo caso una delle droghe incriminate, formando un composto colorato, così come accade alle cartine tornasole utilizzate per la presenza dell’acetone nelle urine dei bambini
Da qui il passo alla commercializzazione a livello mondiale non sembra così lungo. Tant’è che il loro lavoro si sta concentrando sulla miniaturizzazione del congegno – bacchetta, che dovrà essere utilizzata come una normale barretta di plastica per girare il caffè.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” auspica che il percorso avviato dagli scienziati israeliani sia più rapido possibile, affinché possa essere immesso sul mercato un utile strumento, soprattutto per le donne, al fine di scovare tali tentativi di vera e propria violenza e quindi smascherare i colpevoli che provano a realizzare questi soprusi.
In attesa che la scienza faccia il suo corso, non ci resta che rivolgere un semplice consiglio, quasi paterno, alle esponenti del gentil sesso, ma anche a tutti i giovani, di stare sempre in guardia rispetto alle proprie frequentazioni, specie quelle occasionali, perché ciò vuol dire stare attenti anche alla propria salute.
Lecce, 08 agosto 2011
Giovanni D’AGATA