Ampliamento Miniera Eurit. Le osservazioni di Legambiente alla Conferenza dei servizi

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Si fa presente che, nonostante questa Associazione abbia partecipato con proprie osservazioni alla fase precedente, non è stato ritenuto importante invitarla a prendere parte alla Conferenza dei servizi decisoria, in forma semplificata della Regione Toscana che «garantisce la partecipazione alle Conferenze di Servizi ai portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi e ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che vi abbiano interesse», pertanto, venuti comunque a sapere – non per nostra responsabilità – in ritardo e in modo non ufficiale della Conferenza, si inviano le nostre osservazioni invitando a tenerne conto.

L’ampliamento dell’area della miniera “La Crocetta” nel Comune di Porto Azzurro (LI) presentato da EURIT s.r.l. riguarda l’ampliamento della coltivazione di circa 5,5 ettari e prevede altri interventi in un’area di circa 0,50 ha che in passato sono già stati oggetto di recupero/ripristino.

Un ampliamento che avverrebbe in un’area molto delicata sia dal punto di vista paesaggistico che ambientale, dato che amplierebbe la miniera “La Crocetta” verso la piana di Mola e avrebbe così probabili impatti sul corridoio tra le due aree tra le due zone umide superstiti all’Isola d’Elba: quella di Schiopparello-Le Prade (già Sito di importanza regionale – SIR) e quella di Mola, che fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e della Zona di protezione speciale (Zps) e Zona speciale di conservazione (Zsc) dell’Elba Orientale. L’intervento andrebbe sicuramente ad aggravare il già pesante impatto delle attività antropica sulla piana di Mola e, di riflesso, sulla zona umida residua e sulla preziosa avifauna che utilizza l’area come corridoio migratorio e di spostamento per la nidificazione nelle due Zone umide prima citate e che sono tra gli hot spot insulari dell’International bird area (Iba) dell’Elba che fa parte della Rete Natura 2000 dell’Unione europea.

Già oggi la miniera esistente ha effetti negativi su flora, fauna e corsi d’acqua temporanei sia per le polveri sollevate dalle attività, sia per il traffico pesante provocato dall’esportazione del materiale estratto. Questi effetti verrebbero così a riverberarsi anche sul versante della piana di Mola, interferendo ulteriormente con le fiorenti attività turistiche e agricole.

Inoltre, l’area interessata dal progetto di coltivazione fa parte dell’ambito paesaggistico delle Colline Metallifere ed Elba del PIT vigente con valore di Piano Paesaggistico ed è visibile da diversi punti panoramici del paese di Capoliveri e dalla viabilità dell’area.

Si fa presente che nel 2013 è stata rinnovata all’EURIT la concessione ventennale a partire dal 2011, non si capisce quindi quali siano le nuove esigenze sorte dopo 3 anni dalla presentazione del piano di coltivazione ventennale, a meno che non si sia ecceduto con il prelievo di materiale rispetto al piano, il che renderebbe ancora più difficile consentire un ulteriore escavo a cielo aperto e sulla sommità di una collina di un’altra area estesa su 5,5 ha.

La richiesta di ampliamento che in realtà, per l’area proposta, si risolverebbe in nel cosiddetto Mountaintop removal mining, tecnica mineraria distruttiva del paesaggio che trova una forte opposizione in tutto il mondo, appare in netto contrasto con i vincoli previsti dal Dlgs. 42/04, Art. 142 , e con la disciplina dei beni paesaggistici e quindi con lo stesso PIT della Regione Toscana, in particolare con l’ articolo 8 (fiumi, torrenti e corsi d’acqua …) e con l’articolo 12 (territori ricoperti da foreste e da boschi…).

Sempre per quanto riguarda il PIT della Regione Toscana, la richiesta di ampliamento appare in netto contrasto con la disciplina degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico e con le sue direttive e prescrizioni, ma soprattutto con quanto previsto per l’area Colline Metallifere e Elba (scheda d’ambito n. 11) nella disciplina d’uso allegata al PIT e con i suoi obiettivi e direttive riguardanti gli interventi possibili all’Isola d’Elba (Obiettivo 4).

In realtà, la richiesta di ampliamento non contiene un vero e proprio progetto di ripristino paesaggistico e ambientale e di rinaturalizzazione, ma solo indicazioni metodologiche e un elenco di vegetazione, senza indicare come potrebbe avvenire un problematico e costosissimo ripristino riguardante un’escavo a cielo aperto della parte sommitale di una collina. L’unica reale opera risarcitoria prevista pare la piantumazione di vegetazione per la quale si punta ad un attecchimento del 50/60%.

Il problema è che l’intervento previso andrebbe a interessare zone boscate e macchia mediterranea in salute e specie tutelate sia dalla Direttiva Ue Habitat che dalla normativa regionale e che forniscono l’habitat per numerose specie protette dalla Direttiva Uccelli e da altre normative europee toscane e nazionali.

Il progetto di ampliamento della coltivazione della miniera “La Crocetta” richiesto con la Via ha quindi ricadute ambientali, paesaggistiche ed economiche – dirette e indirette – anche sui limitrofi Comuni di Capoliveri e Portoferraio e possibili forti impatti sulla biodiversità dell’area, caratterizzata da presenze importanti come il rospo smeraldino, tarantolino tirrenico e raganella tirrenica e da altrettanto rare specie ornitiche legate alla macchia mediterranea e alle sottostanti area agricole e zone umide.

Le “compensazioni previste, come la creazione di due laghetti, sono in realtà un regalo all’impresa che non dovrà realizzare ripristini ma solo far riempire naturalmente le voragini realizzate, procurando nelle acque degli stessi, accumuli di sostanze derivanti dalla lisciviazione dei suoli, in questo senso, si chiede se sia stata fatta una caratterizzazione dei materiali da sottoporre ad escavo, in particolare per quanto riguarda la presenza di materiali come l’arsenico e metalli pesanti e quale sia stato il risultato.

Quindi, lo sbancamento della cima di una collina potrà essere fatto «adottando le misure compensative ritenute necessarie a garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000”». Misure compensative praticamente impossibili da realizzare, vista la complessità della rete ecologica dell’area e dei problemi posti da Legambiente e Parco Nazionale e dal comitato di cittadini che hanno proprietà al confine del nuovo enorme sbancamento e che verranno fortemente danneggiati.

Se si fosse adottato ,lo stesso criterio all’inizio degli anni ’90, quando l’Eurit chiese di ampliare la miniera di Marciana, a quest’ora avremmo una voragine che arriverebbe fino alla Cala, dove ci sarebbe un porto industriale per caricare il caolino al posto di una magnifica spiaggia e di uno dei più bei panorami del Mediterraneo.

Si sottolinea inoltre che, nel suo parere, inviato nel 2018 al Settore Valutazione Impatto Ambientale, Valutazione Ambientale Strategica e Opere pubbliche di interesse strategico regionale, alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno e al Segretariato regionale del ministero dei beni delle attività culturali e del turismo per la Toscana, la Direzione Urbanistica, ricordava che con un precedente parere aveva richiesto delle integrazioni che somigliano molto alle osservazioni presentate a suo tempo da Legambiente Arcipelago Toscano: «A) Richiesta integrazioni. L’ampliamento dell’attività mineraria proposta presenta delle evidenti criticità paesaggistiche, sia per le volumetrie che si richiede di scavare che per l’ubicazione dell’attività estrattiva. L’area si colloca infatti sul crinale di una collina retrostante il Golfo di Mola, in una zona di particolare valore paesaggistico e di grande visibilità, anche dal mare, e comporterebbe la modifica del profilo del versante e quindi lo skyline. Inoltre l’area ha un grande valore ecologico con tipicità di macchia mediterranea peculiare, senza contare il rilevo turistico ricettivo di tutta la zona. Infine l’ampliamento richiesto interessa un’ampia area che attualmente ha raggiunto un certo grado di rinaturalizzazione pregiudicandone nuovamente la configurazione vegetazionale».

La Direzione Urbanistica regionale, «Fermo restando quanto sopra esposto», per poter valutare al meglio la richiesta dell’Eurit, chiede altre integrazioni che dimostrano che le perplessità sul progetto di smantellamento della collina e sulle sue carenze avanzate da Legambiente, dai cittadini che vivono intorno alla miniera e dal cOmune di Capoliveri sono fondate : «1) Progetto di ripristino ambientale: si richiede un progetto di ripristino di maggior dettaglio con indicazione puntuale delle azioni che saranno intraprese in corrispondenza delle varie fasi progettuali. In particolare oltre ad un cronoprogranma dei lavori che metta in diretta relazione l’attività di escavazione con il progetto di ripristino si chiedono: – Planimetrie e sezioni esplicative in scala adeguate (1:2.000/1:1.000), che permetteranno di apprezzare la configurazione finale, attraverso la puntuale ubicazione in carta delle opere di rinverdimento, (ad integrazione della semplice indicazione areale cartografata negli elaborati di progetto), – poiché le opere paesaggistico-forestali saranno finalizzate allo sviluppo di una zonizzazione vegetazionale, in modo da assicurare un corretto rapporto con l’adiacente ambito paesaggistico e con le misure di tutela e gli obiettivi del Piano Paesaggistico, per monitorare l’attecchimento ed il raggiungimento degli obiettivi previsti, si richiede un approfondimento della zonizzazione vegetazionale; dovrà inoltre essere prodotto uno schema-tipo con indicati sesto di impianto, mix vegetazionale, dimensioni, alberature, arbusti ed erbacee. 2) Si richiedono le caratteristiche dei laghetti e delle acque stagnanti che resteranno anche a termine della coltivazione della miniera. 3) Si richiede un chiarimento circa le modalità di smantellamento degli edifici e degli impianti di lavorazione al termine della coltivazione oltre ad richiedere un’attuale visualizzazione fotografica. 4) Analisi dettagliata dell’intervisibilità.

Il parere della Direzione Urbanistica regionale sottolinea un altro aspetto già evidenziato da Legambiente: «Gli elaborati progettuali sono comprensivi di varie foto simulazioni ma non si riporta un’analisi di dettaglio

dell’intervisibilità dei punti di vista che sono stati prescelti. In virtù dell’alto valore paesaggistico dell’area,

si richiede che vengano esplicitati i criteri utilizzati ed una nuova valutazione dell’intervisibilità seguendo i

criteri definiti nel PIT-PPR con relative foto simulazioni, delle varie fasi progettuali previste».

Al quinto e ultimo punto il parere evidenzia che «In merito alla presenza o meno del Bene Paesaggistico ci cui alla lett.g) dell’art.142 del D.Lgs. 42/2004, si chiede di accertare la presenza del bosco come emerge dalla cartografia del PIT-PPR».

La regione non sembrava per nulla convinta delle integrazioni pervenute e in particolare dall’esame della Relazione sull’intervisibilità (elaborato AI): “risultano confermate le criticità paesaggistiche evidenziate nel precedente parere. Si ritiene infatti che il progetto presenti degli elementi di contrasto con il PIT-PPR, andando a modificare in modo significativo la linea di crinale. Si ricorda che il comma 13 lett. c) dell’articolo 17 della disciplina del PIT-PPR, recita che: (…) Le nuove attività estrattive, la riattivazione di cave dismesse, gli ampliamenti e le varianti di carattere sostanziale di attività esistenti non devono interferire in modo significativo con: (…)c) crinali e vette di interesse paesaggistico che presentano caratteristiche di integrità morfologica ovvero che non hanno subito modifiche tali da determinare il venir meno della caratteristica fisica e geomorfologica delle stesse, fatto salvo quanto previsto dalla disciplina dei beni paesaggistici e dalle schede dei bacini estrattivi;(…)” E la Direzione Urbanistica rammentava che «E’ necessario notare che pur trattandosi di una variante sostanziale al piano di escavazione di una miniera e non di una cava, l’escavazione presenta le stessa modalità di impatto morfologico. Del resto, come già evidenziato nel precedente parere, l’area è vincolata ai sensi dell’art.136 del D.Lgs. 42/2004, DM 222/1952, e tra le prescrizioni si ricorda: “(…) 4.c.1. Gli interventi di trasformazione sono ammessi a condizione che: – non interferiscano negativamente con le visuali panoramiche, limitandole o occludendole e sovrapponendosi in modo incongruo con gli elementi e le relazioni visive significative del paesaggio.(…)”».

La Direzione Urbanistica concludeva: «Permangono delle incertezze sull’efficacia e la tempistica della rinaturalizzazione ipotizzata in quanto negli elaborati progettuali si legge che: “Il risultato del recupero ambientale di un’area di estrazione utilizzata per un periodo di tempo così lungo sarà completo solo dopo molti anni dalla chiusura dei lavori. I primi segni di rinaturalizzazione si potranno vedere però nel corso dei prossimi anni e sulla base del feedback delle opere e tecniche di ingegneria naturalistica si potranno modificare le scelte qui riportate”. Visto che la durata della coltivazione è di circa 16 anni (con inizio giugno del 2017 e termine nel dicembre 2031) cui aggiungere perlomeno 5 anni di verifica di attecchimento, si può ragionevolmente pensare che per un significativo lasso di tempo, il crinale sarà marcato dall’escavazione, anche se alle diverse fasi di coltivazione, viene fatta seguire una fase di ripristino».

Sollecitazioni che risultano in gran parte disattese dai successivi sviluppi politico/amministrativi della vicenda.

Per le motivazioni paesaggistiche, ambientali ed economiche sopra esposte si chiede di non consentire l’ampliamento dell’area della miniera “La Crocetta” nel Comune di Porto Azzurro (LI) presentato da EURIT s.r.l. così come proposta.

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