Il 25 marzo sarà il primo Dantedì

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Dante Alighieri avrà la sua giornata, e ora sappiamo anche quale. Su proposta del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, il Consiglio dei Ministri ha ratificato ieri la nascita del Dantedì, il 25 marzo. Una data che coincide col Capodanno fiorentino, ovvero l’Annunciazione di Maria. Ma anche il giorno in cui gli studiosi collocano l’inizio del viaggio nell’oltretomba della Divina Commedia, ambientata nel 1300. Ufficialmente, il primo Dantedì sarà celebrato nel 2021, nel settecentesimo anno dalla morte di Dante, ma già per il prossimo 25 marzo si attendono diverse iniziative preparatorie.
Lo spiega il professor Paolo Di Stefano che, un anno fa, dalle pagine del Corriere della Sera aveva per primo lanciato l’idea della giornata: «Quest’anno sarà una sorta di “Aspettando il Dantedì”», spiega Di Stefano, entusiasta per la decisione del governo: «Che la giornata sarebbe stata istituita me lo aspettavo, visto l’entusiasmo mostrato da tantissime realtà, centri di ricerca, associazioni, istituzioni — dice Di Stefano — Ma il motivo di grande soddisfazione è la scelta del giorno: l’unica data certa che riguardi Dante è quella della sua morte, avvenuta la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Scegliere quella avrebbe significato tagliare fuori le scuole dalla celebrazione. Invece era fondamentale che fossero coinvolti gli studenti».
Esulta via social network il sindaco di Firenze Dario Nardella: «Un grande omaggio al poeta fiorentino che riempie di orgoglio tutta la città».
Ma come sarà il Dantedì? Di Stefano, che nel lanciare la proposta si era ispirato alle celebrazioni irlandesi per James Joyce, parla di «una festa popolare, non solo riservata agli studiosi, che coinvolga associazioni, scuole, librerie, biblioteche, bar, mercati. Una ricorrenza che non deve essere imposta dall’alto, ma deve vivere attraverso iniziative spontanee». Firenze e la Toscana, nel Dantedì, possono avere un ruolo di primo piano: «Devo ammettere che in questi mesi ho ricevuto tantissime proposte da tutta Italia, persino dall’estero, con idee su cosa fare per il Dantedì. Dalla Toscana ne sono arrivate poche, forse l’esilio di Dante non è ancora finito — spiega — Ma c’è tempo per recuperare e di opportunità ce ne sono molte». Il filologo spiega che Firenze ha un patrimonio unico di manoscritti legati al sommo poeta e «sarebbe bellissimo organizzare una mostra che permetta agli studenti delle scuole di poter vedere con i propri occhi questi documenti, che sono una testimonianza immediata di un’epoca, la fanno rivivere». Tra le iniziative che potrebbero avvincere il grande pubblico, Di Stefano pensa a un turismo mirato sui luoghi di Dante, in tutta la Toscana. A Firenze, oltre alla Casa di Dante (che pure è certamente un falso ottocentesco), ci sono 32 lapidi sparse per la città che citano passi della Commedia. E c’è Santa Margherita dei Cerchi, dove probabilmente Dante incontrò Beatrice per la prima volta.
Ma ci sono anche moltissimi luoghi che oggi sono completamente cambiati rispetto a quando il poeta li raccontò o li visse, ma che vengono tracciati dall’italianista Giulio Ferroni, ne L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della Commedia (La Nave di Teseo, 2019). «Firenze e la Toscana sono molto diverse da com’erano allora. Ma con un po’ di immaginazione e un po’ di spirito di iniziativa si possono creare delle occasioni per ricordare Dante anche dove oggi non c’è più traccia di lui — spiega il professor Ferroni — Penso al Galluzzo, penso all’Uccellatoio sulla via Bolognese da cui Dante guardava il panorama di Firenze, pur senza ancora la Cupola del Brunelleschi, penso all’Acqua Cheta sul Muraglione o ai tanti piccoli fiumi citati nella Commedia». Come l’Ema, o come lo «scempio che fece l’Arbia colorata in rosso», durante la battaglia di Montaperti, citata da Farinata degli Uberti nell’Inferno. Ma ancora, il Mugello ribelle a Firenze, in cui riparò «il ghibellin fuggiasco» subito dopo l’esilio. Per non parlare della lapide di piazza dei Cavalieri, a Pisa, che ricorda la Torre della Muda, dove fu rinchiuso il conte Ugolino, protagonista del Canto 33 dell’Inferno, una delle pagine più celebri della Commedia.
(da Corriere Fiorentino, Giulio Gori)

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