Gli Etruschi, gli unici italiani della storia

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Gli Etruschi sono stati gli unici italiani della storia
Una mostra a Napoli ricostruisce le origini di questo popolo che riuscì a sfruttare due fertilissime pianure, quella padana e quella campana

NICOLETTA ORLANDI POSTI
■ Quella degli Etruschi è una delle civiltà più misteriose, e per questo affascinanti, del mondo. Sono pochi i testi scritti ritrovati e quasi nulla della loro scrittura è stato decifrato. Anche dell’organizzazione della società, degli usi e dei costumi si ha una conoscenza filtrata da ciò che hanno scritto altri popoli su di loro. E poi c’è la questione delle origini che appassiona fin dai tempi antichi storici, archeologi, genetisti: oggi gli scienziati, in base alle analisi dei campioni di Dna, sono orientati in favore dell’autoctonia, escludendo di fatto che siano arrivati dall’Anatolia, come invece sosteneva Erodoto. Sembrerebbe infatti che si tratti di una popolazione italica al cento per cento, come andava dicendo Dionigi di Alicarnasso. Di certo c’è che nel momento del trapasso tra preistoria e storia, edificarono nel cuore d’Italia un’alta civiltà, ponendo le fondamenta della futura ascesa dell’Europa, basti pensare che ai tempi in cui Roma venne fondata (753 a.C) gli Etruschi già dominavano la regione dell’odierna Toscana e stavano espandendosi in tutta Italia. La ricostruzione delle fondamenta storiche di questa popolazione, la cui grandezza derivava anche dal controllo delle risorse di due fertilissime pianure, quella padana nel Nord e quella campana nel Sud, viene raccontata e documentata nell’interessante mostra che apre il 12 giugno al Museo Archeologico Nazionale di Napoli «Gli Etruschi e il MANN» a cura di Paolo Giulierini e Valentino Nizzo, con l’organizzazione di Electa.
Attraverso seicento reperti – di cui almeno duecento opere visibili per la prima volta in occasione della mostra dopo un’attenta campagna di studio, documentazione e restauro – l’esposizione definisce un percorso di indagine che abbraccia un arco temporale di circa sei secoli (X- IV sec. a. C.) e approfondisce la presenza dell’antica civiltà nel Mezzogiorno d’Italia valorizzando in una prospettiva storico-culturale, i materiali etrusco-italici della collezione del Museo di Napoli.

ROTTE COMMERCIALI

Grazie a uno straordinario gruppo di materiali provenienti dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – l’intero corredo della Tomba Bernardini da Palestrina (675-650 a.C.) tra le più ricche e famose che il mondo antico ci abbia restituito – viene testimoniata l’epoca delle grandi rotte commerciali e degli scambi di beni di lusso su scala mediterranea tra gli Etruschi e l’Oriente. Ma l’esposizione racconta anche di come la potenza etrusca in Campania entri in crisi tra il VI e il V secolo a.C.. Una splendida testimonianza di ciò è la “lekythos” attica a figure nere (nella foto), che rappresenta la dea Atena in lotta contro due giganti. Come spiegano i curatori nel catalogo edito da Electa, è più o meno in questo periodo che si diffonde il mito della contesa tra gli dei dell’Olimpo e i Giganti per il controllo della Pianura Flegrea, oggetto dell’interesse concorrenziale tra gli Etruschi e i Greci di Cuma. Nello stesso periodi i Greci della madrepatria erano impegnati nell’epocale lotta contro i Persiani.
Questo quadro geopolitico si riflette nell’arte con il diffondersi del tema della Gigantomachia, simbolo della lotta tra i Greci, ossia l’ordine (gli dei), e i barbari, ossia il caos (i giganti).
Altri due pezzi splendidi della mostra al MANN sono la terracotta architettonica con l’apoteosi di Eracle introdotto da Atena al cospetto degli dei dell’Olimpo che un tempo rivestiva il “Tempio delle Stimmate” di Velletri (nella foto) e la “cista”, un oggetto della toeletta femminile prodotto nell’antica Praeneste. Il coperchio ha la superficie decorata con figure marine incise (Scilla, tritone, polipo, cavallo marino, pesci) ed è coronato da un gruppo plastico, raffigurante una menade danzante e un satiro, nudi. Di un’attualità imbarazzante. (Libero, 5 giugno 2020)

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