Yara Gambirasio, quando l’omerta’ uccide due volte la vittima.

Una analisi motivazionale di Riccardo Cacelli

0
5426

Londra – L’omerta’ uccide due volte la vittima.
Premetto che credo Massimo Bossetti innocente dell’uccisione di Yara Gambirasio.

Detto questo e detto anche che con alcuni miei collaboratori ed alcuni analisti ci stiamo occupando dal punto di vista strategico motivazionale del caso dell’omicidio di Yara Gambirasio.

Il Big Ben ovvero il segnale che ha innescato l’inizio della nostra indagine strategica e’ l’omerta’.

Molti credono che l’omerta’ sia un fenomeno esclusivamente dell’Italia meridionale manovrata dalla criminalita’ organizzata per cucire le bocche su un delitto o sulle sue circostanze in modo da ostacolare la ricerca e la punizione del colpevole.

L’omerta’ nasce e prospera sia per interessi pratici o di consorteria, oppure perche’ e’ causata da paure e timori.

E non solo al sud. E non solo in Italia.

Dove? In Italia per esempio a Brembate di Sopra.

Il paesino dove viveva Yara Gambirasio.

Gli abitanti di quel paesino del bergamasco dove venne uccisa una ragazza tacquero allora e tacciono oggi.

Tacciono oppure non ricordono.
Non ricordano oggi ma non ricordarono anche a poche ore dalla scomparsa di Yara.

Il 19 gennaio 2011 dopo una conferenza stampa incentrata sul silenzio agli organi d’informazione il primo cittadino di Brembate di Sopra aggiunse un suo personale invito agli organi di informazione per “abbandonare il suolo pubblico occupato e la cessazione delle attività finora svolte sul territorio di Brembate Sopra. Certi della vostra professionalità – disse il sindaco – confidiamo nella comprensione di suddetta richiesta”.

Pochi giorni dopo il 19 gennaio fu emessa dal Comune di Brembate di Sopra la famosa ordinanza n. 1651, firmata dall’allora Sindaco Locatelli, che faceva “divieto di fotografare o filmare tutte le strutture pubbliche sportive di proprieta’ comunale senza la liberatoria o l’autorizzazione del presidente della polisportiva o del comune di Brembate di Sopra.”

Quel silenzio giovo’ alle indagini?
Chi ne trasse vantaggio?

Invece di dire: chi sa parli, al contrario furono invitati i giornalisti ad abbandonare il suolo pubblico occupato.

Qualche anno dopo durante il processo d’assise le “migliori” amiche di Yara, le loro istruttrici di danza concordarono tutte su un fatto: “Non ricordiamo”.

Quel giorno ed in quelli seguenti, sino al giorno della seconda sentenza di condanna per Bossetti, nessun cittadino di quel paesino nel proprio profilo facebook ha commentato la notizia.

Come se Yara non fosse mai esistita.
Come la si volesse cancellare dalla memoria collettiva.
I comportamenti ed i silenzi parlano.

Eccome se parlano, descrivono in maniera perfetta il perche’ dei fatti accaduti.

E’ sufficiente individuarli, catalogarli, calendarizzarli ed analizzarli visivamente nella loro globalita’.

Come sempre la verita’ la si puo’ tenere nascosta, ma non in eterno.
Prima o poi verra’ fuori.

Come improvvisamente ricordera’ colui o colei che vorra’ togliersi dall’anima un ricordo che pesa, cancellare la paura ed annullare i timori per i propri figli o amici.

Concludo con un proverbio della nonna di S.M. una nostra collaboratrice e membro del team che studia il caso: nonna Graziella.

Una donna saggia di 96 anni, pugliese e crocerossina da giovane.

Il suo proverbio: “zittu zittu an miuenzu la chiazza”

In italiano: “Zitto zitto in mezzo alla piazza”

L’omerta’ uccide due volte la vittima.

Riccardo Cacelli
(continua)

Articolo precedenteLe Maire, difendiamo gli interessi della Francia
Prossimo articoloUsa, Trump rimuove Scaramucci da capo comunicazione

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here