Grande festa a Teheran per i 40 anni della rivoluzione.
Era il primo febbraio del 1979 quando un volo Air France riportava nella Capitale l’Ayatollah Khomeini dopo un esilio durato 16 anni. Il suo arrivo diede la spinta decisiva a una sollevazione, quella contro lo Scià Reza Pahlavi che, nel rigido bipolarismo della guerra fredda, avrebbe trasformato irrimediabilmente gli equilibri mediorientali.
Mentre una parte dell’occidente, inorridita dalla sanguinosa repressione posta in essere dallo Scià, guarda con simpatia alla rivolta (celebri sono, a tal proposito, i reportage firmati da Michel Focault per il Corriere della Sera), Khomeini avvia l’instaurazione di un rigido regime teocratico: abolisce il divorzio, vieta l’aborto e introduce la pena di morte per bestemmia e adulterio. Ma sarà soprattutto con la crisi degli ostaggi nell’ambasciata statunitense che Teheran finirà schiacciata sul ruolo di eterno antagonista del blocco occidentale: da allora, l’Iran è passato attraverso 8 anni di guerra con l’Iraq di Saddam Hussein e un quarantennio di conflitti per procura con Israele, sopravvivendo inoltre al fuoco di fila delle sanzioni e dell’embargo petrolifero.