Giornata mondiale dei transgender: a che punto è l’Europa nel riconoscimento dei diritti

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Non solo la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia: il 20 novembre in venti paesi del mondo si celebra anche il Transgender Day of Remembrance, la giornata in ricordo delle vittime dell’odio e del pregiudizio anti-transgender. La commemorazione, proposta per la prima volta nel 1998, dopo l’omicidio di Rita Hester, accoltellata a Boston in quanto trans, nel corso degli anni ha abbracciato più Paesi.

Ma oggi qual è la situazione dei cittadini transgender in Europa? Guardando al mosaico dei Paesi europei, le differenze tra stato a stato nel riconoscimento e nella difesa dei diritti delle persone trans non sono poche. Un po’ di numeri diffusi dall’associazione TGEU, Transgender in Europe, nel suo rapporto del 2019 aiutano a fare un po’ di chiarezza.

Il riconoscimento dell’identità transgender

Ad oggi soltanto Cipro tra i 28 paesi membri dell’Unione non riconosce legalmente il cambio di sesso delle persone transgender. In poche parole, se vivi in quest’isola non ti è possibile chiedere di modificare il nome e il sesso della tua persona sui documenti, anche se ti sei sottoposto a un intervento chirurgico per cambiare il tuo genere sessuale. Anche Albania, Kosovo e Macedonia del nord – che chiedono di entrare nell’Unione – non riconoscono legalmente il cambio di sesso.

La sterilizzazione obbligatoria per il riconoscimento del cambio di sesso

Ma uno dei dati più allarmanti denunciato dal rapporto di TGEU riguarda quello della sterilizzazione dei trans, ottenuta attraverso l’intervento chirurgico, come condizione indispensabile per ottenere il cambio di sesso nei documenti. È il caso di Repubblica ceca, Finlandia, Lettonia, Slovacchia, Romania e Bulgaria. Le leggi di questi Paesi, come si legge nel report, possono richiedere esplicitamente la sterilizzazione forzata attraverso una perizia medica, oppure citare semplicemente l’obbligo dell’intervento chirurgico che, di fatto, porta all’impossibilità di avere figli.

Un’imposizione che contrasta con quanto stabilito nell’aprile del 2017 dalla Corte europea. La sentenza ha infatti sancito che richiedere la sterilizzazione come elemento necessario per il riconoscimento legale del cambio di genere viola l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo il quale “tutti hanno il diritto al rispetto della loro vita privata e familiare, alla casa e alla propria corrispondenza”. Una sentenza che ben 6 paesi dell’Unione europea ancora non hanno deciso di recepire.

Per accedere all’operazione è necessario dimostrare di non avere squilibri mentali

In molti dei Paesi in cui è possibile sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare il proprio sesso, bisogna inoltre prima passare per una visita medica. L’obiettivo è quello di verificare che il paziente non soffra di instabilità mentale: un passaggio che per molte associazioni che si battono per i diritti delle persone transgender mina l’autodeterminazione del paziente.

Anche se in minoranza, 7 paesi dell’Unione non obbligano i pazienti a sottoporsi a questo tipo di controllo: è il caso di Francia, Portogallo, Grecia, Belgio, Danimarca, Norvegia e Malta.

Non solo: in paesi come Austria, Germania, Malta, Estonia e Lussemburgoi minori possono accedere all’operazione senza dover coinvolgere i genitori.

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