“Nel dicembre 1993, mentre ero latitante, incontrai Berlusconi a Milano. Berlusconi sapeva come mi chiamavo. E sapeva che ero latitante da dieci anni. Alla riunione ha partecipato anche mio cugino Salvo e con Berlusconi c’erano persone che non conoscevo. Dovevamo discutere dell’ingresso di alcuni soci nelle società immobiliari di Berlusconi”. A rivelarlo, deponendo in videoconferenza al processo sulla ’ndrangheta stragista a Reggio Calabria, è il boss mafioso Giuseppe Graviano che ha deciso di parlare oggi dopo tanti anni di silenzio su Berlusconi. I due si sarebbero incontrati, non una ma tre volte. Il capomafia ricostruisce i contatti della sua famiglia con l’imprenditore. E parla di un’ingente somma di denaro.
Quei venti miliardi di lire. “Venti miliardi di lire con il venti percento. Mio nonno si rivolge a mio papà e mio papà dice: io non faccio queste cose”, dice il boss, che poi precisa: “Quindi quando Di Carlo dice che mio papà aveva queste società a nord Italia dice una bugia: era mio nonno”. Questi soldi, spiega Graviano, sarebbero stati investiti “anche a Milano 3, le televisioni, Canale 5, tutto”. Il pm gli chiede: “Quando vi incontrate a Milano 3, ricava la certezza che i 20 miliardi siano stati investiti e tra i 20 miliardi c’era anche Milano 3?”. E Graviano risponde: “Tutto, cioè che aveva fatto, c’erano le televisioni, Canale 5”.
E ancora: “Fu mio nonno ad avere i contatti con gli imprenditori milanesi. Poi, quando è morto mio padre, mi prese in disparte e mi disse ‘Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu’. Poco dopo mio nonno, che aveva più di 80 anni, morì”.
Gli incontri. La ricostruzione continua: “Verso la fine del 1993 – spiega rispondendo alle domande del pm Giuseppe Lombardo – si tenne una riunione a Milano 3, per regolarizzare questa situazione. Siccome Berlusconi aveva detto di sì mio cugino ha detto di andare a incontrarlo. ’Vediamo che intenzioni ha’, disse, ed così è stato fissato l’appuntamento a Milano 3. Fino a quel momento questi soggetti che dovevano entrare in affari con Berlusconi non apparivano”. “In quell’occasione fu programmato un nuovo incontro, per febbraio, ma io il 27 gennaio 1994 venni arrestato a Milano. un arresto anomalo…”, dice ancora Graviano.
Poi il riferimento al periodo di latitanza: “Io ho condotto la mia latitanza nel milanese tra shopping in via Montenapoleone e teatri, insomma facevo la bella vita”.
L’annuncio della discesa in campo. Berlusconi, secondo Graviano, disse a un esponente della famiglia che aveva intenzione di entrare in politica: “Già nel 1992 Berlusconi annunciò a mio cugino Salvo che voleva entrare in politica”. “Io non lo incontrai – dice – ma lo incontrò mio cugino Salvo a cui Berlusconi parlò di questo progetto di entrare in politica”.
La difesa di Berlusconi: “Affermazioni prive di fondamento”. Niccolò Ghedini, legale di Silvio Berlusconi, smentisce categoricamente le affermazioni del boss: “Sono prive di fondamento”, accusandolo poi di avere “astio” nei confronti del Cav a causa delle leggi contro i mafiosi approvate durante il Governo Berlusconi. “Le dichiarazioni rese quest’oggi da Giuseppe Graviano sono totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie. Si osservi che Graviano nega ogni sua responsabilità pur a fronte di molteplici sentenze passate in giudicato che lo hanno condannato a plurimi ergastoli per gravissimi delitti”. Lo precisa Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi e parlamentare di Forza Italia.
“Dopo 26 anni ininterrotti di carcerazione, improvvisamente -sottolinea Ghedini- il signor Graviano rende dichiarazioni chiaramente finalizzate ad ottenere benefici processuali o carcerari inventando incontri, cifre ed episodi inverosimili ed inveritieri. Si comprende, fra l’altro, perfettamente l’astio profondo nei confronti del presidente Berlusconi per tutte le leggi promulgate dai suoi governi proprio contro la mafia. Ovviamente saranno esperite tutte le azioni del caso avanti l’autorità giudiziaria”.