Roma, M5S: di Maio torna in piazza per difendere Bonafede

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Il ritorno del grido “O-ne-stà”, degli slogan anti-casta, del M5S che rivendica la sua rivoluzione gentile e avverte gli alleati, Matteo Renzi su tutti: “le nostre riforme non si toccano”. Nel punto più basso del suo consenso dalle elezioni 2018 il Movimento rispolvera l’orgoglio della piazza e torna a far sfilare, sul palco, tutti i suoi big. E’ una manifestazione “pre-congressuale”, in fondo, quella che va in scena in una piazza Santi Apostoli gremita. Gli organizzatori parlano addirittura di diecimila persone. E in molti, con tanto di cartello, dicono la loro anche sul grande nodo delle Regionali: “no alle alleanze”. Il nodo è questo e domani, a Genova, l’assemblea degli attivisti si esprimerà davanti a parlamentari e facilitatori, che riporteranno al capo politico Vito Crimi il “mood” degli attivisti. Quello dei parlamentari è invece chiaro: quasi tutti favorevoli ad un’intesa con i Dem sul nome di Ferruccio Sansa. La decisione sulla Liguria avrà, inevitabilmente, effetti anche su quella, ancor più delicata, per la Campania. Dove gli attivisti sembrano proprio non voler digerire il sì dei loro portavoce al Pd. E dove Roberto Fico e Luigi Di Maio, i due “big” campani, la vedono in modo opposto.

Gli interventi dal palco

Nel frattempo a Santi Apostoli – dove domenica le Sardine hanno chiamato a raccolta per un flash mob – il Movimento torna a mostrarsi compatto. Con un centinaio di pullman e con mezzi propri i militanti arrivano in migliaia. “Mai più privilegi”, si urla in ogni lato rispolverando la bandiera dei Cinque Stelle. In fondo, in quella stessa piazza, Beppe Grillo nell’aprile 2013 aveva chiamato alla protesta per la rielezione di Giorgio Napolitano. Ma ora è già tempo di “congresso”, in vista degli Stati Generali. L’applausometro incorona Di Maio, che si mostra con Alfonso Bonafede sul palco difendendo la riforma sulla prescrizione. “Non cediamo ai provocatori”, avverte il Guardasigilli, mentre Crimi elenca le leggi “intoccabili”: spazzacorrotti, abolizione dei vitalizi, prescrizione, reddito di cittadinanza. I tre, poi, scendono dal palco per la foto finale. Ma a salire in cattedra è anche Paola Taverna. La senatrice , secondo i rumors interni al M5S, potrebbe presentarsi per la successione di Di Maio. Il suo intervento è lungo, applaudito, in perfetto stile romanesco. “Guardate quanti siete. La nostra forza non si può abbattere”, urla Taverna. E’ l’urlo della vecchia guardia, del ritorno alle origini delle contestazioni ai giornalisti (in questo caso la Iena Filippo Roma). L’urlo sul quale Taverna vuole riunire governisti e “populisti” per lanciare la sua candidatura. Ma quella che doveva essere la piazza della senatrice è stata, anche e forse soprattutto, la piazza di Di Maio. “Noi siamo qui per chiedere istituzioni all’altezza”, sottolinea il ministro degli Esteri mentre la folla gli urla “non mollare”. Tra i ministri parlano Di Maio, Catalfo e Bonafede. Ma anche Patuanelli e D’Inca’ rispondono all’appello, lasciando le auto blu e tornando semplici portavoce. Il governo, però, non si tocca. “”Deve andare avanti fino al 2023”, assicurano il M5S. E le alleanze? “Sui temi, non strutturali”, media Patuanelli. Ma questo non è il giorno dei governisti, è il giorno in cui il M5S torna al passato in vista di un futuro incerto. Dove, fra qualche giorno, piomberà anche la variabile Alessandro Di Battista.

 

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