Coronavirus, Commissione di inchiesta sulle fake news: Che fine ha fatto?

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L’emergenza Coronavirus ha rimesso prepotentemente al centro del dibattito la questione delle fake news. E delle modalità di accesso alle informazioni da parte dei cittadini di fronte al mare magnum di Internet. Diversi i vademecum che sono stati stilati sui modi per arrivare a news che siano qualificate.

Da tempo, del resto,  l’argomento è all’attenzione anche della politica e del Parlamento. E ci si interroga su come porre un freno alle notizie manipolate, magari anche con scopi ben precisi.

E’ dell’agosto del 2018 la proposta di legge a prima firma del deputato del Pd Emanuele Fiano per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla disinformazione online. L’esame del provvedimento, nelle commissioni congiunte Cultura e Trasporti della Camera, è iniziato un anno dopo, il 17 luglio del 2019. E il 12 febbraio scorso, dopo l’abbinamento di altre tre proposte di legge, una a firma Iv, una di FdI e una di M5s, è stata stabilita la creazione di un comitato ristretto perché metta a punto un testo base sul quale poi procedere nell’esame.

“Questa proposta di legge – ha detto in avvio di esame del testo Raffaella Paita, relatrice per la commissione Trasporti – affronta una questione di straordinaria attualità. Quasi il 55 per cento degli italiani, in base a quanto risulta dai dati riportati dal rapporto dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, accedono all’informazione on line prevalentemente attraverso fonti cosiddette ‘algoritmiche’, in particolare social network e motori di ricerca (blog, Google, Facebook, Twitter, Instagram…). In tal modo si finisce per essere inondati da notizie non veritiere, da problemi amplificati e percezioni che diventano strutturali. Si alimentano paure e si continuano ad alimentarle generando così ‘nemici'”. “Non si può scherzare o minimizzare – ha aggiunto – perché la minaccia al diritto all’informazione è un pericolo reale che corrono le democrazie liberali”.

La commissione bicamerale d’inchiesta – di 40 componenti, metà deputati e metà senatori – che viene proposta nel testo dovrebbe avere l’obiettivo di indagare sulla diffusione intenzionale e massiva di informazioni false o fuorvianti attraverso la rete internet, anche mediante la creazione di false identità digitali. Verificare se la disinformazione on line possa essere imputata a gruppi organizzati o, per alcuni profili, a Stati esteri che se ne servono allo scopo di manipolare l’informazione e di condizionare l’opinione pubblica, in modo particolare in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie. E ancora verificare se e in quale modo la disinformazione on line sia sostenuta anche finanziariamente da gruppi organizzati o da Stati esteri.

Bisogna inoltre verificare se esistano correlazioni tra la disinformazione online e i cosiddetti ‘discorsi dell’odio o hate speech’, ossia discorsi di incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e ancora se e in quali casi la disinformazione online possa aver destato allarme presso la popolazione, condizionato la libertà dell’opinione pubblica o istigato campagne d’odio.

Infine anche valutare l’adeguatezza delle misure introdotte dalle piattaforme web per prevenire la disinformazione on line, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute necessarie e valutare, anche sulla base delle esperienze di Paesi esteri, la possibilità di prevedere che le piattaforme on line adottino un codice di autoregolazione al fine di rimuovere la disinformazione on line, vietando eventuali vantaggi pubblicitari per la diffusione massiva di informazioni false.

Una volta messo a punto il testo base il provvedimento potrebbe avere un iter più rapido verso l’approvazione.

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