Coronavirus, ricostruita la mutazione che lo ha reso umano

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E’ nato fra il 20 e il 25 novembre da un coronavirus degli animali e da allora è diventato uno dei tanti virus umani che sfruttano le cellule del sistema respiratorio dell’uomo per moltiplicarsi. A ricostruire le mutazioni del coronavirus SarsCoV2 è la ricerca italiana accessibile online e in via di pubblicazione sul Journal of Clinical Virology, condotta del gruppo di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-medico di Roma diretto da Massimo Ciccozzi; il primo autore è lo studente Domenico Benvenuto, che a giugno dovrebbe discutere la tesi, naturalmente sull’evoluzione genetica del coronavirus SarsCoV2.

Utilizzando gli strumenti della bioinformatica, i ricercatori hanno ricostruito l’evoluzione del coronavirus inseguendone le tracce nelle banche in cui dall’inizio di gennaio vengono depositate le sequenze genetiche del coronavirus, chiamate Gisaid e GenBank. Hanno così studiato le sequenze genetiche del virus in circolazione in Cina.

Come tutti i virus, anche il coronavirus SarsCoV2 “muta in continuazione e cerca di cambiare aspetto per essere in equilibrio con il sistema immunitario ospite”, ha osservato Ciccozzi. Dopo quella di due proteine strutturali, la terza mutazione del coronavirus è stata quella decisiva: a trasformarsi è stata la proteine di superficie chiamata ‘spike’ (punta, spina), “quella che per prima viene a contatto con le cellule, come una bandierina con la quale il virus si presenta”, ha detto Benvenuto. E’ la stessa proteina della quale recentemente è stata ricostruita la struttura molecolare.

La struttura molecolare della proteina di superficie del coronavirus SarsCov2 mentre infetta una cellula (fonte: Jason McLellan/Univ. of Texas at Austin)

E’ stata questa, ha detto Ciccozzi, “la mutazione che ha permesso al virus di fare il salto di specie”, ossia di compiere il passaggio dall’animale all’uomo, innescando l’epidemia umana: adesso il nuovo coronavirus fa parte di noi”.
Con le tre mutazioni finora identificate è stata ottenuta una sorta di “carta d’identità del coronavirus”, che “ci insegna che è più virulento rispetto a quello della Sars, ma meno pericoloso”, ha osservato Benvenuto.

La ricerca sulle mutazioni del nuovo virus prosegue e presto la stessa analisi condotta sulle sequenze del coronavirus in circolazione in Cina potrà essere condotta sul coronavirus che conosciamo in Italia: “la prossima settimana – ha concluso Ciccozzi – contiamo di avere tutte le sequenze italiane per capire se il ceppo è lo stesso. E’ importante continuare a seguirlo finché non sparirà perché è molto contagioso, anche se tre volte meno letale della Sars”.

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