Il Governo che non arriva all’Iva dice che è acerba: intanto l’opposizione fa assenteismo mediatico

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Il presunto taglio dell’Iva risulta essere il tema principale di questi ultimi giorni, con le forze politiche che si dividono sul confronto: Confcommercio, Confesercenti e Coldiretti si schierano a favore dell’intervento, mentre Confindustria non è convinta. Lo stesso Conte afferma che “costa moltissimo, la si può ipotizzare per un breve periodo” e Bankitalia boccia definitivamente la proposta attraverso la voce di Ignazio Visco: “un errore agire imposta per imposta, serve una riforma fiscale complessiva”. Parole che trovano l’approvazione di Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia.

Le clausule Iva e le accise che gravavano sul 2021 sono state temporaneamente disinnescate poiché l’emergenza Coronavirus in Italia ha portato ad un grande allentamento di tutti i patti europei. Tuttavia le diverse ipotesi che tengono in considerazione il taglio dell’Iva si soffermano davanti a quello che sembrerebbe l problema principale, ovvero il costo.

Secondo i calcoli della relazione tecnica del decreto Rilancio il taglio del punto dell’aliquota ordinaria del 22% vale circa 4,37 miliardi, mentre con la riduzione del 10% vale poco meno di 2,9 miliardi. Ammesso e concesso che il bilancio relativo alla fine del mese possa consentire di procedere ad una temporanea riduzione, si passerebbe da un 22% ad un 10%, con la possibilità di offrire delle piccole agevolazioni alle filiere particolarmente colpite come ristorazione, turismo, auto o industria

L’unica certezza è che dopo aver trattato il tema lo stesso Conte ha messo le mani avanti sull’immediatezza dell’intervento, del resto il Governo che non arriva all’Iva dice che è acerba. “Non c’è una ricetta pronta. Ora si parla di Iva perché nel corso degli incontri avuti con associazioni di categoria e imprenditori è una delle richieste avanzate. Valutiamo questa possibilità, ma un calo dell’Iva costa moltissimo. Si è valutata quindi, l’ipotesi di una riduzione per un breve periodo di tempo”.

Quelli che Conte ha denominato “Stati Generali”, rifacendosi a Luigi XVI, fino a questo momento non hanno portato degli esiti che facciano pensare a provvedimenti concreti che vadano a favorire gli imprenditori e i lavoratori, che davanti hanno una stagione lavorativa difficile e fino a questo momento non hanno avuto nessuna tutela.

Ma se da un lato questo Governo non è assolutamente adatto, dall’altro abbiamo una opposizione disinteressata e attenta solamente all’aspetto mediatico e all’attuazione di tour di propaganda manipolatrice (vedi Salvini che pur di saltare gli Stati Generali va in Sicilia a mangiare ciliegie e farsi insultare pur di raccattare qualche voto, per poi abbandonare la Camera qualche giorno dopo insieme ai suoi amici leghisti).

La scelta di non partecipare agli Stati Generali è stata giustificata in diversi modi, dove si è anche ribadito di voler affrontare i problemi del paese in una “sede istituzionale” e non in una “passerella” come Villa Panphili, ma nel momento in cui il 17 giugno Conte ha deciso di seguire il consiglio dell’opposizione e si è presentato alla Camera, si è ritrovato i parlamentari della Lega che hanno abbandonato l’aula, mentre Fratelli d’Italia hanno scelto direttamente di non recarsi in loco.

A questo punto ciò che non risulta chiaro sono le parole di Salvini e della Meloni, che avendo girato tutte le trasmissioni possibili e immaginabili non hanno fatto altro che dire di aver messo sul tavolo tantissime proposte nei confronti del Governo e di non essere stati ascoltati, fingendosi dei professionisti che vogliono affrontare le tematiche legate al nostro paese nelle sedi istituzionali, ma quando il governo organizza un confronto sono i primi assenti. La realtà è dettata da una destra che aspetta solamente le elezioni per mangiare a morsi la poltrona del potere e un governo solo e inadatto a svolgere il suo ruolo. L’unica frase che mi viene in mente come conseguenza di questa incredibile confusione rievoca una commedia italiana un pò sporcacciona del 1984 diretta da Sergio Martino, ovvero “Se tutto va bene siamo rovinati”.

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