Lo scorso giovedì pomeriggio i residenti di Aceh, in Indonesia hanno aiutato un considerevole numero di rifugiati Rohingya provenienti dal mare a mettersi in salvo, con tanto di bambini esausti supportati dai soccorritori. Una volta giunti sulla spiaggia di Lancok, dove si sono radunati i sopravvissuti, un uomo si è inginocchiato con la testa sulla sabbia, grato di essere vivo, mentre un altro ha abbracciato strettamente un membro della squadra di soccorso.
La gente del posto ha dichiarato di essersi sentita in dovere di agire. Il giorno prima, i pescatori avevano individuato una barca traballante piena di quasi 100 rifugiati Rohingya, tra cui decine di bambini, bloccati in mare. I residenti hanno ripetutamente sollecitato le autorità a fare qualcosa, ma è stato detto loro che il gruppo non poteva essere portato a terra perché ciò avrebbe rischiato di diffondere il coronavirus.
Il popolo indonesiano, preoccupato del fatto che la vita di queste persone fosse in pericolo, ha deciso di prendere la situazione in mano, salpando con le corde per legare la barca e mettere in salvo i rifugiati: “Non ci siamo preoccupati di avere problemi (con le autorità) perché crediamo che ciò che abbiamo fatto sia stata la cosa giusta. Quando le persone avevano visto i rifugiati, era impossibile non agire perché solo a guardarli veniva da piangere”. Sono state queste le parole di Nasruddin Guechik, a capo del vicino villaggio di Kampung.
Un totale di 94 rifugiati, tra cui una donna incinta, sono stati salvati. Amnesty International ha descritto le azioni dei soccorritori come “un momento di ottimismo e solidarietà”. Negli ultimi mesi, i governi del sud-est asiatico hanno ripetutamente allontanato le barche che trasportavano rifugiati Rohingya, manifestando forti preoccupazioni per il coronavirus.
Intanto nella giornata di ieri il primo ministro della Malesia, Muhyiddin Yassin, ha dichiarato di non poter accogliere rifugiati musulmani Rohingya dal Myanmar, avvertendo che il paese è già stato sopraffatto dallo scoppio di Covid-19. Ad oggi si registrano oltre 8.000 casi.
Alcune fonti hanno riferito a Reuters la scorsa settimana che le autorità hanno pianificato di riparare una barca danneggiata in modo che 300 recenti arrivi possano essere rimandati in mare, dove erano rimasti bloccati per mesi. I sopravvissuti detenuti in Malesia hanno dichiarato che decine di persone sono morte a bordo e che i corpi sono stati gettati in acqua.
Ogni anno migliaia di Rohingya intraprendono pericolosi viaggi per fuggire dalla persecuzione in Myanmar o per sottrarsi a condizioni squallide nei campi profughi in Bangladesh. I trafficanti depredano le comunità disperate, promettendo la possibilità di una vita migliore all’estero e non risulta chiaro quante altre barche rimangano bloccate, ma è probabile che centinaia di queste siano ancora in mare.
Il direttore esecutivo di Amnesty International Indonesia, Usman Hamid, ha affermato che i governi della regione hanno bisogno di un’azione urgente per prevenire ulteriori morti e ha invitato le autorità indonesiane a proteggere i 94 rifugiati salvati lo scorso giovedì. “Dopo tutto quello che hanno passato in mare, ciò di cui hanno più bisogno ora è riparo e sicurezza”, ha detto. “Il governo indonesiano deve fornire a questi sopravvissuti i loro bisogni primari e non deve in nessun caso rimandarli in mare”.