Perchè Erdogan è un dittatore

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Durante la conferenza stampa il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha definito Recep Tayyip Erdogan, Presidente della Turchia, un dittatore. Contestualizzando la circostanza in cui è stata detta questa frase, al premier era stato chiesto il suo parere sulla vicenda del “sofagate”, che ha coinvolto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il leader turco in un siparietto parecchio imbarazzante, poiché mentre il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ed Erdogan si accomodavano sulle loro rispettive sedie, la leader europea è stata tagliata fuori e si è dovuta accontentare di un divano.

Questa vicenda oltre a scatenare un fiume di polemiche ha condotto diversi leader politici ad esporsi sull’accaduto, ma tra le innumerevoli dichiarazioni, quella di Draghi è stata la più diretta: “sono dispiaciuto per l’umiliazione che la presidente della Commissione von der Leyen ha dovuto subire. Con questi, chiamiamoli per quel che sono, dittatori, bisogna essere franchi nell’esprimere la propria diversità di vedute”. Dietro la presa di posizione del Presidente del Cosiglio c’è sicuramente il suo spirito europeista che invoca il rispetto delle istituzioni, ma andando ad analizzare i fatti la dichiarazione di Draghi ci porta nuovamente a soffermarci su quella che è la reale situazione politica della Turchia.

Sulla carta all’interno della Turchia esistono delle opposizioni politiche, ma nella realtà dei fatti l’attuale Governo ha sempre limitato il loro potere, condannando attivisti e giornalisti che avevano una visione diversa. Proprio in virtù di tali vicende Erdogan è stato più volte accusato di avere degli atteggiamenti autoritari nei confronti delle minoranze, limitando ogni forma di libertà di espressione.

Prima di Erdogan la Turchia ha attraversato decenni caratterizzati da colpi di stato e una crisi economico- politica e nel momento in cui il leader turco si è presentato alle elezioni come un democratico, il popolo turco ha avuto fiducia in lui, credendo in un possibile cambiamento dopo anni di buio. Durante i primi anni del suo mandato Erdogan ha portato avanti con successo diversi obiettivi ribaditi durante la sua campagna elettorale, trattando con sensibilità argomenti come l’aumento delle libertà religiose e la riduzione del potere dei militari.

I primi segnali di autoritarismo arrivarono nel 2010, quando attraverso la riforma costituzionale del Governo vengono conferiti i massimi poteri all’esecutivo, con Erdogan che iniziò a fare piazza pulita tra moderati e liberali all’interno del suo Governo e del suo partito. Il vero momento di svolta arriverà nel 2013, quando il Presidente turco decise di far reprimere con la forza le proteste tenutesi al parco di Gezi a Istanbul, evento che procurò 11 morti e più di 8000 feriti. L’altro grande segnale lo troviamo nel fallimento del colpo di stato militare nel 2016, dove il leader turco riuscì a salvarsi e dichiarò lo stato di emergenza, in modo da poter abusare del suo potere per licenziare alte cariche delle istituzioni che non approvavano la sua repressione. Da quel momento le cose non sono mai cambiate e le ultime tensioni con l’Europa non ci mettono nelle condizioni di poter pronosticare un futuro migliore.

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