Obama e la politica della sanità

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Washington – “Spero che fallisca” disse Rush Limbaugh, il notissimo conduttore radiofonico, parlando di Barack Obama, poco dopo l’inaugurazione storica a presidente degli Stati Uniti. In tempi più recenti anche il senatore Jim Inhofe, repubblicano dell’Oklahoma, ha ripreso la speranza del fallimento di Obama. In un’intervista concessa a una radio conservatrice Inhofe ha dichiarato che la sconfitta del piano di Obama sulla sanità “sarà un grande vantaggio per noi nelle elezioni del 2010”.

Non tutte le obiezioni dei repubblicani sono state così personali sul loro desiderio di sconfiggere Obama e il disegno di legge sulla riforma sanitaria. Alcuni membri del GOP hanno spiegato il loro disappunto concentrandosi sui costi e gli effetti che le tasse ai ricchi avranno sugli americani in un periodo economico precario. Ciononostante i paralleli con gli attacchi al presidente Bill Clinton negli anni novanta sono evidenti.

A cominciare dagli assalti alla riforma sanitaria che nel 1994 era nelle mani di Hillary Clinton. L’attuale Segretario di Stato era una figura molto polemica che aiutò i repubblicani a silurare la riforma. Allo stesso tempo vinsero le elezioni di midterm che poi aprirono le porte per la vittoria e l’eventuale conquista della Casa Bianca a George Bush.

La strategia repubblicana attuale sembra dunque una ripetizione: bloccare la riforma sanitaria di Obama per “ferire” il presidente. Ne seguirebbe una sconfitta democratica alle prossime elezioni con un’eventuale riconquista repubblicana del Congresso.

In un certo senso la campagna politica non finisce mai. Nel caso di Obama la vittoria storica non è riuscita a creare lo spirito bipartisan che il nuovo presidente si aspettava. Il suo programma di stimolo all’economia è stato approvato con la stragrande maggioranza di voti del partito democratico.

Solo tre senatori repubblicani hanno votato a suo favore. Nel caso della riforma sanitaria sembra che la battaglia sarà ancora più difficile perché Obama deve convincere anche alcuni membri scettici del suo partito. Alcuni parlamentari democratici di destra, i cosiddetti “Blue Dogs”, hanno espresso dubbi sulla riforma. Questi parlamentari in distretti conservatori temono le nuove elezioni dell’anno prossimo e vogliono più certezze che la riforma non li tagli fuori dalla vittoria politica.

Obama capisce benissimo che nonostante la sua vittoria storica,

l’opposizione non ha digerito la sconfitta. I repubblicani agiscono in modo da bloccare l’operato del presidente sapendo molto bene che il suo fallimento si tradurrà nel loro ritorno al potere del Congresso.

Dal canto suo Obama ha deciso che la riforma sanitaria non è semplicemente qualcosa da farsi per il bene degli americani ma anche per il suo futuro politico come pure del suo partito.

Obama sa che se riuscirà ad offrire la sanità a tutti gli americani, il suo partito si confermerà come il gruppo che crea programmi efficaci per il popolo. Da ricordare che il Social Security ed il Medicare sono emersi quasi esclusivamente con l’impronta del partito democratico. Ambedue programmi sono stati approvati malgrado la forte opposizione dei repubblicani che li avevano etichettati di socialismo.  Obama deve insistere e ricordare agli americani che il partito democratico ha dato dignità agli anziani mediantela pensione e il diritto alla sanità. Ciò è qualcosa di cui anche i nostri veterani  e i membri del Congresso usufruiscono.  Se questi programmi “socialisti” sono efficaci per questi gruppi perché non estenderli o almeno darli come opzione a tutti gli americani?

Se Obama riesce ad implementare la sanità i repubblicani andrebbero in tilt per almeno una generazione. Il senatore repubblicano Jim DeMint della Carolina del Sud ha dichiarato a membri del suo partito che “se riusciremo a fermare Obama sulla sanità, si tratterà del suo Waterloo. Lo spezzerà”. Obama lo capisce ed ha risposto che lui è “di Chicago e non si spezza”. Gli americani che non hanno diritto alla sanità e coloro che hanno paura di perderla lo sperano.

Domenico Maceri

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