Chi sono e cosa hanno scoperto i tre vincitori del Nobel per la Medicina

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Che le cellule di tutti gli esseri viventi abbiano bisogno di ossigeno è noto praticamente da sempre, ma è stato per secoli un mistero il meccanismo attraverso cui le cellule stesse percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno nell’ambiente. Fino alle scoperte degli americani William Kaelin e Gregg Semenza e del britannico Peter Ratcliffe, premiati oggi con il Nobel per la Medicina.

Scoperte, come si sottolinea nella motivazione del premio, che “hanno una fondamentale importanza per la fisologia e hanno spianato la strada a nuove promettenti strategie per combattere l’anemia, il cancro e molte altre malattie”.

William Kaelin, nato a New York nel 1957, è professore di medicina all’Università di Harvard. Prima del Nobel aveva già ricevuto premi prestigiosi, dal Lasker nel 2016 per la ricerca medica di base (insieme agli altri due vincitori di oggi, Semenza e Ratcliffe) al premio ASCO Science of Oncology 2016. Le sue ricerche al Dana-Farber/Harvard Cancer Center, di cui è vicedirettore dal 2008, si sono concentrate sulla comprensione del ruolo delle mutazioni nei geni soppressori del tumore nello sviluppo del cancro. Il suo lavoro principale si è concentrato sul gene del soppressore tumorale del retinoblastoma.

Laureato in medicina nel 1982, si è specializzato in medicina interna al John Hopkins e ha ottenuto una borsa di oncologia presso al Dana-Farber Cancer Institute. Ma le scoperte che lo hanno portato al Nobel sono quelle sul rapporto tra cellule e ossigeno, affrontato studiando in particolare una forma di tumore familiare chiamata sindrome di von Hippel-Lindau (VHL), dovuta alle versioni difettose di una particolare proteina.

È stato proprio lo studio di questa patologia, condotto da un certo punto in poi in parallelo anche da Ratcliffe, a portare alla scoperta dei meccanismi tramite i quali gli enzimi coinvolti nei processi cellulari si rapportano in base all’ossigeno disponibile, vedendo con i loro occhi modificarsi chimicamente gli enzimi stessi in risposta alla sovrabbondanza o alla penuria di ossigeno.m

Un lavoro che non sarebbe stato così importante senza le ricerche di Peter Ratcliffe, medico e biologo cellulare e molecolare britannico (classe 1954), che lavora al John Radcliffe Hospital di Oxford ed è stato Professore di Medicina Clinica e capo del Dipartimento di Medicina Clinica di all’Università di Oxford dal 2004.

Dal 2016 è direttore del Target Discovery Institute, Università di Oxford e Direttore della Ricerca Clinica, al Francis Crick Institute. Laureato nel 1978, Ratcliffe ha studiato medicina renale all’Università di Oxford, con particolare attenzione all’ossigenazione renale. Nel 1989 ha cambiato campo per fondare un nuovo laboratorio, ottenendo una Fellowship Senior dal Wellcome Trust per lavorare sui percorsi di rilevamento cellulare dell’ossigeno.

All’inizio degli anni ’80, infatti, i ricercatori sapevano ben poco dei fondamentali processi cellulari che portano all’ipossia. Tutto è cambiato nel 1989 quando Ratcliffe ha istituito un laboratorio per esplorare la regolazione dell’eritropoietina, l’ormone responsabile della stimolazione della produzione di globuli rossi, noto per essere attivato nelle cellule renali a seguito della deprivazione di ossigeno (e ben noto anche nel mondo dello sport per i suoi effetti dopanti).

Il gruppo di Ratcliffe si è reso presto conto che le cellule renali non erano le uniche cellule che reagivano all’ipossia. Dozzine di tipi di cellule, sia nell’uomo che in altri organismi, potrebbero accendere l’eritropoietina e altri geni se privati dell’ossigeno. Basandosi su queste scoperte, il gruppo Ratcliffe ha contribuito a scoprire una catena molecolare dettagliata di eventi che le cellule usano per rilevare l’ossigeno.

Lo stesso percorso è anche interrotto in molti tumori, consentendo loro di creare nuovi vasi sanguigni per sostenere la loro crescita. Infine, l’americano Gregg Semenza, nato nel 1956,professore di pediatria, radiologia oncologica, chimica biologica, medicina e oncologia presso la Johns Hopkins University School of Medicine, ha lavorato fin dai primi anni ’90 con Ratcliffe studiando l’eritropoietina, scoprendo nel 1995 l’enzima HIF-1, che consente alle cellule tumorali di adattarsi ad ambienti poveri di ossigeno. (Agi.it)

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