Bologna – Anche quest’anno, con lo sviluppo della stagione pre-monsonica, l’Everest e le altre vette Himalayane registrano allarmanti dati riguardo l’inquinamento atmosferico. Questo è quanto emerge nell’ambito del progetto
SHARE, Stations at High Altitude for Research on the Environment, promosso dal
Comitato EvK2CNR ed evidenziato dagli studi e dalle osservazioni del gruppo di
ricercatori dell’ISAC-CNR di Bologna e del LGGE-CNRS di Grenoble al Nepal Climate
Observatory – Pyramid, la stazione Ev-K2-CNR posta a quota 5079 m s.l.m., alle
pendici dell’Everest.
Da circa un mese siamo entrati nella stagione pre-monsonica, che favorisce il trasporto fino alle alte quote dell’Himalaya degli inquinanti che compongono la Asian Brown Cloud, la nube marrone che ricopre le pianure indiane e del sud Asia.
“I valori di inquinanti osservati nei primi giorni di aprile vanno oltre i già alti livelli raggiunti gli anni scorsi. In questi giorni, il black carbon ha sfiorato i 6 µg m-3 – dice Angela Marinoni ricercatrice dell’ISAC – mentre il PM1 (massa delle polveri fini) ha abbondantemente superato i 100 µg m-3, un valore mai registrato da quando l’osservatorio NCO-P ha iniziato la sua attività di studio e monitoraggio nell’ambito del progetto Atmospheric Brown Clouds di UNEP”.
La presenza di questi inquinanti in atmosfera offusca anche la limpida visione del ghiacciaio del Khumbu, come si vede dalla webcam del NCO-P (http://evk2.isac.cnr.it/realtime.html).
“Queste preoccupanti concentrazioni di particolato – prosegue Paolo Cristofanelli responsabile delle attività atmosferiche in SHARE – sono accompagnate da elevati livelli di ozono, un gas serra altamente ossidante che si forma in atmosfera in presenza di inquinanti primari e radiazione solare. Grazie alle condizioni di estrema siccità che caratterizzano la stagione pre-monsonica nel Sud dell’Asia, una delle fonti primarie di queste elevate concentrazioni di inquinanti sembra dovuta ai numerosi fuochi forestali, anche legati a pratiche agricole, che si sviluppano in questo periodo dell’anno nei territori del Nepal e dell’India settentrionale oltre che dell’Indocina.”
Questi dati confermano i preoccupanti risultati emersi nel corso dei primi quattro anni di studio del progetto SHARE che ha registrato in prossimità dei ghiacciai himalayani concentrazioni di inquinanti simili a quelle delle aree urbane.
Ogni anno durante la stagione pre-monsonica, presso la stazione SHARE, NCO-P si registrano i valori più elevati dell’anno, con concentrazioni semi-orarie di black carbon che hanno raggiunto i 5 µg m-3 e con valori di PM1 tra i 50 e i 70 µg m-3, concentrazioni che superano anche le soglie di allarme che la Comunità Europea ha fissato per la qualità dell’aria delle nostre città.
“Le osservazioni effettuate presso la stazione NCO-P sono preoccupanti – afferma Paolo Bonasoni, responsabile scientifico del progetto SHARE – poiché gli inquinanti, attraverso le valli himalayane, che fungono da veri e propri camini, possono essere trasportati fino alla media ed alta troposfera, ove acquistano un tempo di vita considerevolmente maggiore e possono accumularsi per essere trasportati anche su lunghe distanze”.
Inoltre, come rivelato da uno studio condotto in collaborazione con il Goddard Space Flight Center della NASA, le stime riguardanti i processi di deposizione di questi inquinanti sui ghiacciai himalayani possono favorire un significativo aumento del loro naturale scioglimento. Questo appare ancor più significativo, considerando che i ghiacciai Himalyani rappresentano una delle principali fonti di acqua dolce dell’Asia meridionale, una delle aree maggiormente popolate del Mondo.
Un “Near Real Time” report di quanto registrato durante il mese di Aprile dalla stazione NCO-P è stato inviato a Veerabhadran Ramanathan, chair del Progetto UNEP-ABC che ha condiviso la preoccupazione per i dati messi in risalto dalle recenti osservazioni svolte nell’ambito del progetto SHARE. Il report a breve sarà consultabile anche sul sito di UNEP-ABC e diffuso tramite la newsletter di UNEP-ABC.