In fondo al lago per prevedere le scosse

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La parte meridionale del lago di Garda, da Punta San Vigilio alla penisola di Sirmione, è stata scandagliata per una settimana con tecnologie d’avanguardia allo scopo di valutare il rischio sismico nell’area e aggiornare le conoscenze sulla tettonica in Lombardia. “I grandi bacini lacustri rappresentano un vero e proprio archivio della storia ambientale del territorio”, spiega Crescenzo Violante, ricercatore dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Iamc-Cnr), “e, grazie alla nostra ricerca, sono state confermate le evidenze di paleo-sismicità già rilevate in aree emerse, anche in una zona considerata a basso rischio sismico come la Lombardia”.
È stata utilizzata per la prima volta nel lago di Garda una tecnica d’indagine Multibeam, in grado di restituire ad altissima risoluzione un’immagine del fondo lacustre fino a una profondità di circa 500 metri. Le attrezzature scientifiche sono state installate su una Motovedetta in dotazione alla Guardia Costiera del lago di Garda.
“Da una prima interpretazione dei dati è stato possibile individuare rotture di pendenza lineari che sembrerebbero aver dislocato ‘recentemente’ il fondo lago”, prosegue Violante. “Nel caso in esame la loro origine è con ogni probabilità riconducibile a fenomeni neotettonici, anche se la definizione dell’attività recente di queste strutture può avvenire solo in parte su evidenze morfobatimetriche. Sono necessarie ulteriori indagini geofisiche in grado di accertare l’origine e la corretta collocazione temporale di tali lineamenti che allo stato attuale rappresentano importanti indizi preliminari”.
Inoltre, spiega il ricercatore Violante, i dati raccolti hanno permesso di evidenziare tre sottozone in base ai principali caratteri morfologici: “Fondali compresi tra -50 e -3.6 metri, corrispondenti all’alto strutturale di San Vigilio–Sirmione, con irregolarità e deformazioni riconducibili a morfologie glaciali e presenza di campi di pockmarks; un’area di scarpata compresa tra –50 e –200 m circa, interrotta a Nord da una pronunciata depressione con profilo a U e direzione NO-SE; settori di fondale compresi tra –110 e -226 m a morfologia sub-pianeggiante, degradanti verso Nord e localmente interessati da presenza di pockmarks”.
I pockmarks sono depressioni emisferiche di varia dimensione e profondità, la cui formazione è messa in relazione a emissioni fluide di natura gassosa o di acque interstiziali; in alcuni casi possono essere associati a campi di gas. Nel caso in esame, hanno diametro variabile dai 18 ai 200 m, e profondità comprese tra 0.5 e 10 m. Immediatamente a Sud della secca del Vò, si ritrovano allineati a formare depressioni di lunghezza superiore al chilometro. La loro formazione è con ogni probabilità da mettere in relazione alla estesa attività idrotermale che interessa l’area in esame e in particolare la penisola di Sirmione.
L’analisi morfologica preliminare ha inoltre evidenziato la presenza di superfici di abrasione che testimoniano stazionamenti del livello del lago a quote inferiori rispetto all’attuale. In particolare, sono stati individuati due possibili livelli: a 30-35 m e a 3-10 m di profondità, quest’ultimo posizionato alla sommità della secca del Vò e correlabile alla superficie sommersa che circonda la punta di Sirmione.

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