Usa, ultimatum a 40 stati sull’educazione sessuale LGBTQ+: a rischio i fondi federali

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WASHINGTON DC – Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani ha inviato in questi giorni un ultimatum a quaranta stati americani: modificare entro sessanta giorni i programmi di educazione sessuale nelle scuole, eliminando le sezioni dedicate ai temi LGBTQ+, oppure rinunciare ai finanziamenti federali che da anni sostengono centinaia di iniziative locali. Una mossa che ha scatenato polemiche e riacceso un dibattito mai sopito negli Stati Uniti, dove l’educazione sessuale resta terreno di scontro politico, culturale e identitario.

I fondi in bilico e il ruolo del PREP

Il cuore della questione è rappresentato dal Programma di educazione alla responsabilità personale (PREP), istituito dal Congresso per fornire alle scuole risorse destinate ai giovani più vulnerabili: studenti senzatetto, minori in affidamento, ragazzi che vivono in aree rurali isolate o in comunità segnate da tassi elevati di gravidanze adolescenziali. Il PREP muove ogni anno centinaia di milioni di dollari e rappresenta per molte realtà locali l’unica possibilità concreta di finanziare corsi di prevenzione sanitaria, campagne informative e programmi educativi mirati. L’eventuale perdita di questi fondi metterebbe in crisi un intero sistema già fragile, lasciando scoperte migliaia di famiglie e studenti.

L’offensiva contro la “gender ideology”

L’ultimatum rientra in un disegno più ampio dell’amministrazione Trump, deciso a cancellare dai programmi scolastici ogni riferimento all’identità di genere e all’orientamento sessuale diverso da quello eterosessuale. Il presidente ha più volte definito questi contenuti come espressione di una “ideologia di genere” che, a suo dire, “non deve entrare nelle aule scolastiche”. La Casa Bianca vuole riportare l’educazione sessuale a un modello “tradizionale”, centrato su astinenza, salute riproduttiva e ruolo della famiglia.

La cronistoria delle politiche educative

La battaglia sull’educazione sessuale e sui contenuti LGBTQ+ non è nuova.

  • Amministrazione Obama (2009-2017): sotto la sua presidenza venne incoraggiato un approccio inclusivo, volto a tutelare gli studenti LGBTQ+ e a ridurre episodi di bullismo e discriminazione. Vennero finanziati progetti pilota che prevedevano moduli su identità di genere e orientamento sessuale.

  • Primo mandato Trump (2017-2021): si assistette a un cambio netto. I finanziamenti a programmi inclusivi furono ridimensionati, e l’educazione sessuale fu orientata verso l’astinenza e la promozione di valori familiari tradizionali. Tuttavia, i vincoli legislativi e la resistenza di diversi stati limitarono l’impatto delle politiche federali.

  • Presidenza Biden (2021-2025): il nuovo inquilino della Casa Bianca tentò di ripristinare un approccio inclusivo, aumentando i fondi per progetti LGBTQ+-friendly e rafforzando le linee guida federali contro le discriminazioni.

  • Secondo mandato Trump (dal 2025): il ritorno alla Casa Bianca ha segnato un’accelerazione dell’offensiva contro la cosiddetta “gender ideology”, con un atteggiamento più deciso e un uso diretto del potere federale per condizionare i fondi agli stati.

Il conflitto con le leggi statali

Molti stati non possono semplicemente recepire le direttive federali. California, Illinois, New Jersey e altri hanno leggi che impongono l’inclusione dei temi LGBTQ+ nei programmi scolastici. Adeguarsi significherebbe violare le proprie norme interne, aprendo un contenzioso legale e creando un conflitto istituzionale tra livello federale e statale. Alcuni governatori democratici hanno già lasciato intendere che preferiranno sfidare Washington in tribunale piuttosto che rinunciare a principi ritenuti irrinunciabili.

Le reazioni: tra consenso e proteste

Le prime reazioni sono state diametralmente opposte. Diversi governatori repubblicani hanno salutato con favore la decisione, sostenendo che i programmi LGBTQ+ rappresentano una “forzatura ideologica” e che i fondi pubblici non dovrebbero finanziare quello che definiscono “indottrinamento”. Al contrario, amministrazioni democratiche e organizzazioni civili denunciano un attacco ai diritti civili, accusando il governo federale di voler cancellare una parte della popolazione dall’educazione pubblica.

Gli studenti al centro della disputa

A pagare il prezzo più alto potrebbero essere proprio gli studenti delle fasce più fragili. Senza i fondi del PREP, molti programmi di sostegno rischiano di chiudere: corsi di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, iniziative per la riduzione delle gravidanze adolescenziali, sportelli di ascolto psicologico. Per i ragazzi LGBTQ+ il rischio è duplice: la cancellazione dei contenuti inclusivi e la perdita di programmi fondamentali di sostegno nelle scuole.

Prossimi scenari

Con i sessanta giorni già avviati, il braccio di ferro tra stati e governo federale appare inevitabile. Alcuni osservatori prevedono una serie di cause legali che potrebbero arrivare fino alla Corte Suprema. Altri ritengono che diversi stati, pur contrari, finiranno per adeguarsi per non perdere i fondi, accettando però un compromesso al ribasso sui contenuti educativi. Intanto, le organizzazioni civili e le associazioni LGBTQ+ hanno annunciato mobilitazioni e campagne di sensibilizzazione, pronte a trasformare la questione in un nuovo fronte di scontro politico nazionale.

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