Trump e Netanyahu alla Casa Bianca: nuovo piano di pace a Gaza tra ostaggi, smilitarizzazione e cooperazione internazionale

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WASHINGTON DC – In un momento di forte tensione internazionale, il presidente americano Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per discutere di un nuovo piano di pace destinato a trasformare la situazione nella Striscia di Gaza. L’incontro arriva dopo il discorso provocatorio di Netanyahu alle Nazioni Unite, in cui ha ribadito la sua ferma opposizione alla creazione di uno Stato palestinese, e in un contesto in cui Israele appare sempre più isolato sul piano diplomatico.

Al suo arrivo, Netanyahu è stato accolto con una stretta di mano da Trump, e i due leader si sono rivolti alle telecamere. Rispondendo a una domanda, il presidente statunitense ha espresso fiducia nella possibilità di raggiungere un accordo di pace a Gaza, definendo la giornata come “storica per la pace”.

L’incontro si è svolto a porte chiuse nello Studio Ovale e successivamente è seguita una conferenza stampa congiuntanella Sala da pranzo di Stato della Casa Bianca, iniziata con oltre un’ora di ritardo rispetto al programma ufficiale.

Trump: un piano ambizioso per la pace e la sicurezza

Trump ha ringraziato Netanyahu per aver accettato il piano da lui proposto e ha sottolineato la portata dei colloqui, che hanno affrontato temi cruciali come Iran, commercio, l’espansione degli Accordi di Abramo e, soprattutto, la guerra a Gaza. “Gaza rappresenta solo una parte di un disegno più ampio: la pace duratura in Medio Oriente”, ha dichiarato Trump, aggiungendo che il piano riflette un consenso internazionale raggiunto dopo ampie consultazioni con leader arabi, musulmani ed europei.

“Molti leader mi hanno chiamato increduli – ha raccontato Trump – per chiedere se fosse davvero vero. Alcuni hanno detto che è il più grande evento politico di cui abbiano mai avuto notizia.” Il presidente ha ringraziato Netanyahu per la fiducia dimostrata e per la disponibilità a collaborare nella prospettiva di porre fine a decenni di violenze e aprire “un nuovo capitolo di sicurezza, pace e prosperità” nella regione.

Il piano prevede il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza entro e non oltre 72 oredall’accettazione da parte di Hamas, insieme alla restituzione dei corpi dei prigionieri uccisi. “Ho incontrato i genitori – ha spiegato Trump – e ho percepito quanto tenessero a riavere il corpo del loro ragazzo deceduto, tanto quanto desiderassero che fosse vivo e in salute.”

Inoltre, il piano contempla la smilitarizzazione di Gaza, la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas, inclusi tunnel e impianti di produzione di armi, e la creazione di un organismo internazionale incaricato di garantire il disarmo completo e la stabilità della regione. Paesi come Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti si sono detti pronti a sostenere il processo, contribuendo anche all’addestramento delle forze di polizia locali.

Netanyahu: un passo cruciale verso la sicurezza e la stabilità

Netanyahu ha ringraziato Trump per il sostegno e la leadership degli Stati Uniti, sottolineando la necessità di una gestione pacifica della Striscia di Gaza. “Voglio ringraziare il Presidente Trump per avermi ospitato nuovamente alla Casa Bianca e per la sua amicizia e leadership”, ha affermato il premier. Ha definito il piano di pace proposto come “un passo cruciale verso la sicurezza e la stabilità della regione” e ha espresso apprezzamento per il coinvolgimento dei Paesi arabi e musulmani e per il coordinamento internazionale che accompagna l’accordo. “Spero che possiamo finalmente costruire un futuro di pace e prosperità per tutti.”

Netanyahu ha inoltre elogiato il coraggio e il sacrificio dei soldati israeliani: “Non avremmo raggiunto questo punto di svolta senza il coraggio e il sacrificio dei nostri soldati. Combattono come leoni”, ha dichiarato, ricordando le recenti operazioni Rising Line e Midnight Hammer che hanno colpito programmi militari iraniani.

Ribadendo gli obiettivi del governo per il periodo post-conflitto, Netanyahu ha affermato che “tutti i nostri ostaggi, sia quelli vivi sia quelli deceduti, torneranno immediatamente a casa”, sottolineando l’importanza di lavorare con gli alleati per smilitarizzare Gaza e garantire la sicurezza della regione.

Governo civile e internazionale per Gaza

Il primo ministro ha delineato la struttura prevista per la futura amministrazione di Gaza: un’amministrazione civile pacifica, che non sarà sotto il controllo di Hamas né dell’Autorità Palestinese. “Se accetta il vostro piano, signor Presidente, il primo passo sarà un modesto ritiro, seguito dal rilascio di tutti i nostri ostaggi entro 72 ore”, ha spiegato Netanyahu. Il passo successivo prevede l’istituzione di un organismo internazionale incaricato di disarmare completamente Hamas e smilitarizzare Gaza, guidato dallo stesso Trump e con la partecipazione di esperti internazionali, incluso l’ex primo ministro britannico Tony Blair. “Questo è importante e riflette la fiducia che darà a tutti sul fatto che gli impegni saranno rispettati; il fatto che lei si assuma questo incarico, credo, aiuta molto a garantire che tutto proceda nella direzione che desideriamo.”

Netanyahu ha ricordato inoltre che migliaia di leader di Hamas e soldati sono morti negli scontri recenti e ha sottolineato l’importanza di riportare a casa gli ostaggi. “Non possiamo mai dimenticare il 7 ottobre – ha detto – ma migliaia hanno pagato quel prezzo, e ora è il momento di riportare a casa i nostri ostaggi e cercare di costruire qualcosa di veramente grande e molto importante.”

Trump: un futuro più luminoso per Gaza

Trump ha commentato le condizioni della popolazione di Gaza: “Il popolo di Gaza ha avuto una vita difficile con Hamas ma potrebbe avere un futuro più luminoso. Ci sono molti palestinesi che desiderano vivere in pace. Sfido i palestinesi ad assumersi la responsabilità del loro destino perché è quello che stiamo dando loro. Stiamo dando loro la responsabilità del loro destino.”

Sostegno internazionale e dialogo arabo

Il piano ha ricevuto apprezzamenti da leader di Egitto ed Emirati Arabi Uniti, che hanno definito l’iniziativa di Trump “un’opportunità per raggiungere una pace duratura e globale nella regione”. Riyad Mansour, ambasciatore palestinese alle Nazioni Unite, ha ribadito la disponibilità a collaborare con gli Stati Uniti e i partner arabi per porre fine alla guerra, sottolineando il rifiuto di qualsiasi annessione.

Parallelamente, Netanyahu ha contattato l’emiro del Qatar Mohammed Bin Abdulrahman al-Thani per scusarsi di un recente attacco aereo israeliano a Doha che aveva colpito agenti di Hamas, provocando la morte di una guardia di sicurezza qatariana. L’incidente, condannato da Doha e altre capitali arabe, rappresentava un ostacolo agli sforzi diplomatici, ma la telefonata di Netanyahu è stata letta come un tentativo di distensione mentre le trattative proseguono.

Iran e Accordi di Abramo

Durante l’incontro a porte chiuse, Trump e Netanyahu hanno discusso anche del ruolo dell’Iran e della sua guerra indiretta con Israele. Trump ha ribadito l’intenzione di espandere gli Accordi di Abramo, mediati durante il suo primo mandato, ipotizzando persino un coinvolgimento dell’Iran nello sforzo regionale. Tuttavia, l’Iran ha respinto con fermezza qualsiasi iniziativa di riconoscimento dello Stato di Israele, definendo il paese un “regime” e confermando la prosecuzione della guerra per procura con Israele che dura da decenni.

Conferenza stampa senza domande

La conferenza stampa congiunta si è conclusa in modo insolito: Trump ha dichiarato che “non era davvero appropriato rispondere alle domande”, citando la sua agenda fitta di impegni. Nonostante i giornalisti presenti avessero atteso a lungo, il presidente ha suggerito che avrebbe potuto cambiare idea e ha chiesto a Netanyahu se volesse prendere una domanda da un giornalista israeliano “amichevole”. Netanyahu ha replicato: “Seguo il tuo istinto. Avremo abbastanza tempo per le domande. Risolviamo prima il problema.” La coppia ha quindi lasciato la sala ignorando le numerose domande dei giornalisti, mentre i funzionari della stampa della Casa Bianca tentavano di ristabilire l’ordine.

Questo incontro segna un momento cruciale nella diplomazia mediorientale, con l’introduzione di un piano ambizioso volto non solo a porre fine alla guerra a Gaza, ma anche a creare le condizioni per una pace duratura, con la cooperazione di attori regionali e internazionali, la smilitarizzazione delle fazioni armate e la costruzione di una governance civile efficace per la Striscia.

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